Un uomo reso duro dalla vita che non ha mai voluto recitare

La Serbia, le bombe, il conflitto fratricida. Ma anche l'allergia per il politicamente corretto e l'ipocrisia

Un uomo reso duro dalla vita che non ha mai voluto recitare

Hai finito di romperti le palle di piangere, Sinisa. Hai finito di spiegare che la vita ti ha messo fuori campo e che questa punizione non l'avevi mai disegnata con il tuo piede duro e magico assieme. Difficile accettare certe soluzioni, maledetta questa esistenza al contrario, ti spinge ad amare e poi ti ruba la speranza e il cuore. Sinisa Mihajlovic sei stato un serbo di quelli duri, anche spietati ma pure dotato di quella abilità di acciuffare l'intelligenza e la curiosità di chi ha avuto la sorte di incontrarti e di conoscerti. La malattia non ha mai un spiegazione, è maligna ed è cattiva, si accuccia alle tue spalle, è un'ombra, è un fiato schifoso, Tu hai capito che non potevi sfuggire e fuggire, hai resistito ma contro nessuno, perché la morte, invero, è nessuno, non ha un volto, non ha un'identità ma è feroce, prima o poi ti pugnala, per te è prima, non poi.

Sei stato un grande uomo di campo e di spogliatoio, hai segnato gol portentosi con traiettorie che sembravano stelle filanti, non voglio usare termini bellici, un arcobaleno che finiva dentro la rete e i portieri erano fessi immobili. Hai inveito contro gli arbitri, hai preso a calci bottigliette d'acqua e ciuffi d'erba, hai urlato la tua rabbia di uomo e campione, non hai mai recitato la parte ma era tutta roba vera, sangue tuo come lo è stato, puro, quando hai voluto parlare della terra di origine, dei tormenti, della sofferenza del popolo in guerra, delle morti atroci e fratricide, del senso di vite smarrite sotto i colpi di mortai e il crollo di vecchie case, come la tua dimora a Borovo. Questa fetta di vita mai l'hai negata, mai ti sei nascosto nel canneto degli ipocriti, dei voltagabbana o dei deboli di memoria, Zeljko Raznatovic era stato un tuo amico, gli dettero il soprannome di Arkan, la Tigre era un fanatico delle Stella Rossa, a Belgrado mormoravano che fosse un agente segreto e poi un militare criminale. Non erano soltanto sussurri ma grida, di gente straziata per i misfatti di quel delinquente. Gli sei stato grato per sempre, la Tigre salvò la vita a tuo zio quando lui venne catturato dalle unità paramilitari serbe.

Eppure la storia era incominciata male, ti aveva dato del pezzo di merda perché eri entrato sulle gambe di Stojkovic che era come la madonna ma gli avevi risposto sul muso chi cazzo sei tu, ti spacco la faccia. Mai hai rinnegato quell'epoca, hai avuto il coraggio, normale per te, di schierarti epperò ti sei dissociato, da uomo sano, dalle stragi e dalla codardia di certi assassinii. Per questo hai diviso, hai creato polemiche, hanno usato questa fetta della tua esistenza per farne propaganda, ad Arkan hai dedicato un necrologio, era il tuo eroe ma non per questo sei stato complice degli atti orrendi. Qui il tuo valore, qui la tua dignità, qui la tua coerenza, qui il tuo carattere controverso che non garbava alla gente imbastita e imbalsamata che aveva bisogno di manichini, Tu questi li usavi per piazzarli in barriera e poi stecchirli con i calci di punizione. Oggi, ovviamente, il corteo delle prefiche dimentica quegli insulti di fascista che ti avevano gettato addosso, stolti e ignoranti non avevano studiato gli anni del maresciallo Tito e di un nazionalismo jugoslavo che fece forte il Paese prima di ferirlo e spaccarlo.

L'ultima immagine è un bacio al tuo sodale Zeman, durante la presentazione di un libro, un gesto di

affetto, come un saluto d'addio al mondo che hai frequentato e vissuto. Infine hai aspettato che la Tua Serbia lasciasse il mondiale, per poi accomiatarti da questo teatro di noi spettatori, improvvisamente attoniti e tristi.

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