
Piazza e quorum. Elly Schlein «personalizza» il referendum, flirta con i radicali Propal e si gioca tutto nel prossimo fine settimana. Lo schema è ribaltato. Giorgia Meloni è quasi defilata. La premier appare tranquilla. Mentre al Nazareno regna il nervosismo. La partita del referendum sul jobs act e gli altri quattro quesiti, tra cui quello sulla cittadinanza agli immigrati, diventa quasi un bivio cruciale per la leadership di Elly Schlein. Da settimane la segretaria del Pd sta caricando il voto di domani e lunedì di un significato politico. Quasi decisivo per le sorti della sua segreteria. Il promotore dei referendum, il numero uno della Cgil Maurizio Landini, è uscito di scena. A dominare la partita è ormai Elly Schlein che sogna la spallata al governo. E si gioca tutto sulla partecipazione. L'asticella è fissata a 12 milioni di elettori nei seggi. Dodici milioni di italiani per cantare vittoria. Se va sotto quella quota si apre una riflessione politica nel Pd. Anche perché mezzo partito non è d'accordo sul sostegno ai referendum promossi dalla Cgil. Però, Schlein ha voluto imporre un significato politico al voto. Con due mosse. La prima, in direzione nazionale. Quando la leader dei dem ha preteso che il Pd assumesse una linea politica ufficiale per il sì. Con un voto. La seconda, con la campagna elettorale pancia a terra che da settimane Schlein sta conducendo. Il tema al Nazareno è oggetto di valutazioni e battute al veleno: «Un autogol, se Elly fallisce l'obiettivo dei 12 milioni di elettori, ci assumiamo gli effetti di una sconfitta che altrimenti sarebbe stata tutta della Cgil», fa filtrare la minoranza. C'è un altro dato. Da quando Schlein ha deciso di mettere il timbro Pd sul referendum, Giuseppe Conte si è sfilato. Lasciando il cerino in mano all'alleata. Quale vantaggio spera di trarre la segretaria dal voto di domenica? L'obiettivo è mettere in difficoltà il governo che però sembra solido e non teme l'esito del voto di domani e lunedì. Obiettivo che Schlein rilancia nell'intervista a La Stampa: «Penso sia possibile che il governo Meloni cada prima del previsto, visto quanto stanno facendo male al Paese. Hanno dimostrato di non saper dare risposte alla grande questione salariale, lavorativa e sociale che c'è in Italia. E nascondono i loro buchi dal punto di vista economico usando sempre lo stesso schema: scegliendo un nuovo nemico e inventano nuovi reati. Le opposizioni saranno pronte se dovesse esserci la crisi di governo. Noi ci faremo trovare pronti, abbiamo già dimostrato come opposizioni di saper governare bene insieme città e regioni importanti, unendoci su progetti concreti. Lo possiamo fare benissimo anche a livello nazionale». E sul voto è netta: «Questa è una battaglia giusta. Ed è un'occasione per cambiare in meglio l'Italia. I tatticismi esasperati li lascio a Meloni, lei spera di intestarsi il fallimento del referendum: non i voti, ma gli astenuti è una vergogna. E questo è il rispetto che la premier ha per le persone che sperano che il loro voto valga qualcosa. Del resto, ha dimostrato di avere paura del voto dei cittadini, è fuggita a gambe levate e non ha avuto il coraggio di dire semplicemente che è contraria». C'è un altro passaggio scivoloso per la segretaria: la piazza di oggi. Il Pd rischia di legittimare, spaccando il partito, le pulsioni antisemite dei ProPal. Al Nazareno c'è preoccupazione per alcuni interventi annunciati in piazza San Giovanni. Primo fra tutti quello di Rula Jebreal. Il rischio concreto è quello di legittimare le posizioni più radicali contro Israele. Perdendo completamente la sfida per lo sfondamento al centro. Intanto è stato definito il programma per oggi. Sono attese circa 50mila persone alla manifestazione per Gaza a Roma, promossa da Pd, M5S e Avs.
Il corteo di domani, con raduno in piazza Vittorio Emanuele II, sfilerà lungo via Emanuele Filiberto per arrivare a piazza San Giovanni. Qui dal palco interverranno i leader di opposizione Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli.