Usa e Gb vogliono la verità da Zuckerberg

Il capo del social convocato dalle autorità: il titolo perde il 7% a Wall Street

Usa e Gb vogliono la verità da Zuckerberg

Facebook crolla in Borsa e scende ai minimi dal settembre del 2012. Il social network ha perso ieri a Wall Street il 6,8 per cento, sfiorando a un certo punto l'8. Colpa del fatto che l'azienda di Mark Zuckerberg è stato chiamato dalle autorità americane e britanniche a rispondere dell'utilizzo illecito di dati raccolti attraverso Facebook da Cambridge Analityca. Il Congresso Usa ha mostrato i muscoli («Zuckerberg venga a parlare»), così come le autorità britanniche.

Idem l'Europa, che con il presidente dell'europarlamento Antonio Tajani si fa sentire così: «Inaccettabili violazioni alla privacy dei nostri cittadini». Mentre la Commissione minaccia: «Se confermato, è orripilante». L'attenzione, insomma, è alle stelle. «Nessuno può più pretendere che Facebook sia solo un gioco indolore», ha titolato il quotidiano The Guardian che, insieme al New York Times, ha ricostruito le fila di questa spy-story partita da una tempestiva soffiata di Christopher Wylie, ex dipendente di Cambridge Analityca. Uno scandalo che unisce le due sponde dell'Atlantico e potrebbe perfino arrivare fino in Russia.

È solo l'inizio, sunque. Con lo scoppio dello scandalo social, è stato scoperchiato il vaso di Pandora: è ormai evidente che l'universo digitale è un Far West privo controlli dove le superstar del web fanno soldi rivendendo i profili personali degli utenti ai «burattinai», chiunque essi siano, e influenzando il mondo reale. Ecco quindi che da più parti si invoca una stretta normativa che limiti l'uso distorto di questi mezzi.

Secondo la ricostruzione della stampa anglosassone, oltre 50 milioni di persone sono state spiate a loro insaputa attraverso una applicazione per Facebook, «thisisyourdigitallife» («questa è la tua vita digitale») elaborata da Aleksandr Kogan in collaborazione con Cambridge Analytica. All'applicazione, a cui si accedeva tramite il login a Facebook, avevano aderito 270mila utenti con la promessa di rivelazioni sulla personalità basate sulla vita digitale. La raccolta e l'analisi dei dati tuttavia si era estesa anche alla rete degli inconsapevoli amici «social» degli iscritti, un'attività all'epoca consentita da Facebook. In questo modo, grazie a «thisisyourdigitallife», la stampa anglosassone ha calcolato che sia stato creato un archivio con i profili dettagliati di oltre 50 milioni di soggetti i cui commenti, reazioni, foto e scritti sono stati tracciati, studiati ed elaborati attraverso i leggendari algoritmi per essere «pronti all'uso» in qualunque campagna marketing.

I dati così raccolti sarebbero stati usati a sostegno della Brexit e dell'elezione di Trump. È questa l'accusa che pende sul social network, i cui controlli sarebbero stati violati senza ripercussioni.

Cambridge Analityca si difende: «Abbiamo eliminato i dati raccolti illegalmente da un'altra società. I dati non sono stati usati per la campagna di Trump. E non abbiamo lavorato sul referendum per la Brexit». Il servizio andato in onda su Channel 4 però sembra dimostrare il contrario.

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