«Luigi Di Maio è l'uomo di Pechino in Italia». Un documento ufficiale sulla Cina del Congresso degli Stati Uniti d'America datato dicembre 2020 certifica le ombre sull'attuale ministro degli Esteri. L'ex leader M5s oggi professa il suo atlantismo, ma il suo acrobatico curriculum in fatto di lealtà politica rende la sua professione di fede poco credibile.
All'intelligence americana non sono mai andate giù certe liaisons dangereuses con Pechino, dal mancato blitz del governo di Giuseppe Conte sulla tecnologia 5G, che i grillini volevano regalare a Huawei - considerato dagli 007 il grande orecchio del regime cinese - fino alla gestione della pandemia di Covid 19. Un innamoramento, quello di Di Maio per la Cina, celebrato ufficialmente il 18 settembre del 2018 quando l'allora ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, nella sua prima visita extra Ue, si presentò nel Sichuan accompagnato dall'ambasciatore Ettore Sequi. «La Via della Seta è una grandissima occasione commerciale per le nostre imprese e per tutti noi, in cui ho creduto dal mio primo viaggio in Cina», ha sempre detto l'ex grillino. E quando a fine 2019 si iniziò a parlare del Covid, Di Maio lanciò l'appello: «Serve uno scatto di solidarietà verso la Cina».
In un passaggio del Report 2020 consegnato al Congresso Usa si legge: «Il ministro degli Esteri Luigi di Maio, che ha pianificato l'ingresso dell'Italia nella Via della Seta (definita Bri, Belt and road initiative) è chiaramente predisposto a favorire la Cina», tanto da aver messo «particolarmente in luce (arguably highlighted)» gli arrivi di aiuto «dalla Cina, non quelli degli Stati Uniti», alimentando in modo sproporzionato la percezione che solo la Cina l'abbia effettivamente fatto».
Un regalino mediatico che non è sfuggito nemmeno al German Marshall Fund Usa, un think tank indipendente che ragiona sui rapporti tra Europa e Stati Uniti. In un documento GmfUs si legge: «Le photo opportunities sono propaganda e disinformazione, un metodo consolidato per riscrivere la narrazione del virus», a cui anche l'Italia si è prestata. Il 12 marzo Di Maio infatti esaltò la donazione degli aiuti cinesi in un video sui social: «Questo è quello che noi definiamo solidarietà e sono sicuro che ne arriverà altra».
Che Di Maio abbia spalancato le porte dell'Italia alla Cina lo dicono tre anni di dichiarazioni e il suo (fallito) tentativo di fare da paciere con l'inutile vertice a tre in Italia con Usa e Cina. E quando Beppe Grillo si presentò all'ambasciata cinese Di Maio fece spallucce («visita a titolo personale»), tanto che Benedetto Della Vedova di +Europa (che oggi è ospite delle liste Pd come lui) definì la sua gestione della Farnesina «un'inutile sudditanza alla Cina». Anche Fdi denunciò il tentativo di «svendere l'Italia alla potenza del turbocapitalismo comunista che ci sta spolpando». Il Copasir lanciò l'allarme su Huawei e 5G, Di Maio disse che aveva rassicurato Washington ma il segretario di Stato Mike Pompeo lo smentì a stretto giro di posta: «La Cina ha un approccio predatorio e rappresenta una minaccia comune per i nostri Paesi».
Ma il top Di Maio lo ha toccato in un collegamento al Tg2: «Chi ci ha deriso sulla Via della Seta ora deve ammettere che investire in questa amicizia ci ha permesso salvare vite in Italia». Infatti abbiamo il più alto numero di morti per Covid al mondo, e una Procura si sta occupando della tragica gestione dell'emergenza del governo Conte. E non ci sarà niente da (de)ridere.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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