«Siamo tutti a rischio, l'unico modo per non temere incursioni nella nostra privacy è quello di rimanere disconnessi, impossibile. Dove c'è una porta, c'è qualcuno che può entrare. Anche se non ha le chiavi».
C'è poco da stare tranquilli. Computer, smartphone, tablet, email, account vari ed eventuali. Tutti hanno una password. Tutte le password sono, in un modo o nell'altro, possibile oggetto di furto digitale. Marco Camisani Calzolari tra i massimi esperti europei di comunicazione digitale, non ha dubbi: siamo in pericolo. Ma seguendo alcune norme possiamo complicare il lavoro a chi vuole rubare i nostri dati personali.
Cosa consiglia di fare?
«Bisogna sviluppare una cultura personale di protezione. Una volta la nonna diceva Copriti che fa freddo, adesso bisogna dire stati attento alle tue password. Ma serve soltanto per ridurre il rischio, non può eliminarlo del tutto».
Quindi come possiamo comportarci?
«La prima premura è quella di utilizzare password non banali che contengano caratteri minuscoli e maiuscoli, numeri e caratteri speciali. Magari anche utilizzando parole inventate che non esistono sul dizionario».
Può bastare?
«No, per ridurre il rischio servono altre accortezze. Per esempio attivare una doppia autenticazione. Oltre alla password canonica è buona norma avere anche un codice che viene inviato sul cellulare. In quel modo a chi si intrufola nei nostri dati mancherà un passaggio per entrare».
Tra dispositivi, pin, siti, account le password da ricordare sono decine. Devono sempre essere diverse?
«Molti esperti sconsiglierebbero di usare la stessa per i servizi. Ma come utente bisogna considerare due diversi tipi di account: quelli dove i danni da furto possono essere minimi, come gli accessi a siti di intrattenimento, e quelli dove in caso di violazione possiamo perdere molto, come per esempio la e mail. Quella password è la più importante perché racchiude praticamente tutti i nostri dati di tutti i nostri account registrati. In quel caso meglio usare password complicate e cambiarle ciclicamente. Oppure utilizzare appositi software che generano password quanto più possibili sicure».
Per quanto riguardi i furti di dati personale per esempio sui cellulari?
«Molto spesso si fa confusione. Più che hackeraggio si tratta di leggerezza nella diffusione dei nostri dati. Un hacker non entra nel telefono ma nell'account, è quello che contiene tutti i dati, le immagini e i file personali ed è quello che deve essere protetto. Se qualcuno ruba delle foto quasi sempre lo fa su commissione».
L'accesso con impronta digitale migliora la sicurezza?
«Di base si. È comodo e sicuro perché criptato in maniera più avanzata ma ha un grande difetto. Se mi rubano la password posso cambiarla, se mai rubassero il database delle impronte digitali... Beh, saremmo fregati».
È in corso una guerra tra hacker?
«Non credo a una vera guerra, credo ci siano forti interessi economici. C'è un mercato che prolifera sul web, molti delinquenti vivono di questo».
Chi sarà il prossimo obiettivo degli
«Difficile dirlo, di certo il più ambito è Apple. Ma è anche l'azienda che investe di più in sicurezza. Non a caso è stata colpita Yahoo che da tempo è in crisi e ha speso meno in questo settore nell'ultimo periodo».
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