I nomi sono francesi, ma i risultati fotografano l'Italia di oggi: l'Union Valdôtaine, da sempre sinonimo di potere in Val d'Aosta, arretra e scricchiola, raggiunta quasi da una Lega in stato di grazia. È il momento di Matteo Salvini, dal Friuli al Molise, e le regionali in questo spicchio ai confini con la Francia, confermano una tendenza che pare inarrestabile, da coniugare con altri elementi. Anzitutto, il crollo dei votanti, scesi di otto punti percentuali ad un modesto 65,12 per cento. Poi il tracollo, pure quello senza freni, del Pd che potrebbe addirittura sparire dal parlamento locale. E ancora, il dato double face dei Cinque stelle: in crescita rispetto a cinque anni, ma strigliati a dovere dagli elettori rispetto alla performance del 4 marzo.
È sorprendente come certi fenomeni si ripetano da un capo all'altro del Paese anche se la Val d' Aosta rappresenta un caso a sé. È una Regione lillipuziana, con poche migliaia di elettori, paragonabili ad un paio di quartieri di Milano o Roma; inoltre è sempre stata terra fertile per i partiti autonomisti che ne hanno segnato la storia. Ora quel modello si è avvitato in una crisi senza fine fra inchieste, scandali, bilanci sempre più in affanno.
Qualcuno forse pensava che nel Paese dove nulla è cambiato per decenni, sarebbe venuto giù tutto. Questo non è successo, ma la sterzata c'è ed è robusta. L'Union Valdôtaine perde, quando lo spoglio delle schede è ormai arrivato vicino alla conclusione, la bellezza di 14 punti. Non frana, resta la prima forza, ma si deve rassegnare al 19,1 per cento. E in consiglio potrebbe quasi dimezzarsi, passando da 13 a 7 consiglieri. Gli stessi, e par di sognare, che dovrebbe conquistare il Carroccio. La Lega raggiunge quota 17 per cento, passando da 0 a 7 rappresentanti. Un exploit. Ma anche la prova che il nuovo partito formato nazionale non solo può essere esportato con successo al Sud, ma trova nuovo slancio anche nel profondo Nord. Dove finora la concorrenza di movimenti legati alle vicende locali era fortissima e apparentemente insuperabile.
Il Pd perde più di tre punti, non raggiunge il 6 per cento e rischia per la prima volta di rimanere fuori dal consiglio regionale. Ancora peggio il centrodestra a trazione Forza Italia che raggranella uno stiratissimo 3 per cento. Magra consolazione: non era rappresentato in Regione, non lo sarà nemmeno adesso e a poco è servito lo sforzo del Cavaliere che era venuto in visita nel capoluogo, in chiusura della campagna elettorale.
Controversa infine la prova dei Cinque stelle: crescono dal 6 per cento del 2013 al 10 di oggi, ma i numeri sono lontani dalle medie nazionali. E soprattutto crollano rispetto al 4 marzo quando avevano sbancato con il 24 per cento ed erano riusciti a far eleggere l'unico deputato della Valle.
Certo, il movimento di Beppe Grillo ha sempre dato il meglio sul terreno delle elezioni politiche ma questi numeri dovrebbero far riflettere. I pentastellati sono costretti a registrare le prime battute d' arresto.
Il resto lo fanno le formazioni locali, a cominciare dall'Uvp, l'Union Valdôtaine Progressiste, che si ferma pure intorno al 10 per cento.
Ora la piccola valle rischia di essere ingovernabile. Ma il Carroccio ha le idee chiare e vorrebbe dialogare con i discepoli di Luigi Di Maio. No, invece, ad ogni forma di alleanza con l'Unione Valdôtaine.
È il
solito schema manicheo vecchio-nuovo che dilaga anche in questo angolo del Nordovest, un tempo immerso nella danarosa bambagia dell'autonomia e oggi esposto ai venti di tempesta. Per ora lo schema funziona, poi si vedrà.
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