Val d'Aosta, il governatore lascia

Inchiesta su scambi politico-mafiosi. Ma Fosson respinge le accuse

Fabrizio Boschi

È bastato che arrivasse la prima neve per far staccare dalle montagne della Val d'Aosta una gigantesca valanga. Politica naturalmente.

Il presidente della Regione, Antonio Fosson (nel tondo), si è dimesso. L'annuncio ieri, durante una riunione straordinaria di maggioranza a Palazzo regionale. Le motivazioni sono legate all'avviso di garanzia ricevuto dalla Dda l'estate scorsa per scambio elettorale politico mafioso nell'ambito di un'inchiesta sul condizionamento da parte della ndrangheta delle regionali del 2018. Sessantotto anni, ex senatore, medico in pensione dal 2011, punto di riferimento in Valle d'Aosta per Comunione e liberazione e noto anche come Sentinella in piedi, Fosson, politico di lungo corso ed ex presidente del Consiglio regionale, nega ogni addebito e annuncia le dimissioni: «Sottolineo con forza la mia totale estraneità rispetto ai fatti di cui ho avuto lettura negli ultimi giorni sui giornali. Vi ho chiamato qui ha detto alla propria maggioranza, convocata d'urgenza - per comunicare che, per onorare quel senso di responsabilità politica che ho sempre perseguito ed anche salvaguardare la mia personale dignità, profondamente ferita dalle infamanti ipotesi che vengono formulate, ho deciso di fare un passo indietro e di dare le mie dimissioni da presidente della Regione».

L'indagine, ribattezzata «Egomnia», si concentra su un gruppo 'ndranghetista locale, guidata dai fratelli Marco e Roberto Di Donato, che secondo l'accusa avrebbe sostenuto alcuni candidati autonomisti con l'obiettivo di «godere di un debito di riconoscenza» e «avere un maggior numero di consiglieri fedeli nel consesso regionale». Il sostegno elettorale era finalizzato a «ottenere posti di lavoro, o agevolazioni in pratiche amministrative».

Il presidente Fosson, che per i carabinieri era «influenzato» da un anziano pensionato calabrese vicino alla 'ndrangheta, è stato fotografato mentre entrava nel ristorante di un boss «per parlare di elezioni regionali».

L'assessore al turismo e beni culturali Laurent Viérin, anch'egli indagato e dimissionario, che all'epoca era presidente della Regione (con funzioni di prefetto) è stato visto e fotografato mentre entrava a casa di un altro dei capi del sodalizio. «Sono tre gli ex presidenti della Regione - scrivono i carabinieri - che in campagna elettorale cercano di incontrare i fratelli Di Donato», circostanza che viene definita «quantomeno allarmante».

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