Niente più valige di cartone legate con lo spago e treccia d'aglio annessa. Ma, non fosse per i colori, una fotografia ingiallita degli anni '60 non risulterebbe molto diversa da un'istantanea fatta con l'Iphone. L'Italia è tornata a essere un paese di migranti. Tanti verso l'estero, ma altrettanti all'interno, ovvero dal Sud al Nord come nella storiografia dell'Italia del boom. Quello che trascinò vent'anni di speranze e talvolta illusioni, molte oggi evaporate anche nel Settentrione ex ricco. Ma pur sempre più prosperoso di un Mezzogiorno mai sbocciato e sempre più sclerotizzato.
Ecco così la crisi infinita costringere gli italiani a ripartire. Come all'epoca della «Cinquecento», il primo sogno del Belpaese povero che si emancipava nelle fabbriche, e che lasciava campi, case e famiglie per una tuta blu.
Tutto finito, dopo la speranza e un benessere raggiunto ma di colpo finito, si tratteggia il nuovo quadro della desolazione. Che tenta di sopravvivere con la valigia in mano.
Destinazioni e numeri delle marce forzate offrono qualche sorpresa. Non sono più Lombardia e Piemonte le mete preferite dai nostrani migranti del Terzo millennio, un fenomeno che coinvolge almeno un milione e mezzo di persone. Secondo il rapporto 2014 - curato da Michele Colucci e Stefano Gallo dell'Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Issm)- le nuove mete di chi cerca fortuna sono la paciosa Emilia Romagna e l'austero Trentino. La Campania regione dalla quale si registrano più partenze. Meridione e Isole hanno perso tra 2011 e 2012 oltre 56mila persone all'anno, risulta dal saldo tra partenze e arrivi.
Tra il 2011 e il 2012 Napoli è stata la provincia italiana che ha perso più persone per spostamenti interni: la differenza annua tra iscrizioni e cancellazioni ammonta a -18.500, numero superiore persino al totale di regioni come Puglia, Sicilia o Calabria, il cui saldo migratorio si aggirava tra -10.800 e -8.000. Nello stesso periodo, Roma e Bologna risultavano sull'altro piatto della bilancia come le province che più hanno attratto cittadini da tutta la penisola, con un saldo migratorio attivo rispettivamente di 10.000 e 4.000 persone l'anno.
A livello regionale, l'Emilia Romagna ha «guadagnato» 10.273 «unità», il Trentino 3.004. L'Emilia è anche la regione che attrae più persone in rapporto agli abitanti: il primato è nelle tre province di Bologna, Rimini e Parma, che presentano un saldo migratorio positivo molto elevato (Bologna +4.131 persone, Rimini +1.271, Parma +1.268).
In termini assoluti, invece, le quattro regioni con il maggior incremento demografico dovuto alle migrazioni interne sono Lombardia (+14.773), Lazio (+10.382), Emilia-Romagna (+10.273) e Toscana (+6.591). La provincia di Roma continua a essere un polo attrattivo e registra un saldo positivo di quasi 10.000 persone.
Ma i flussi in movimento riguardano anche tanti stranieri residenti nel nostro ex Belpaese. «Gli stranieri -specificano i ricercatori- sono quelli che tendono a spostarsi in proporzione maggiore. Sono stati 258.871 nel 2012 a cambiare residenza, con un tasso di mobilità triplo rispetto agli italiani: il 64,3 per mille contro il 21,6, ma su distanze più brevi, 96 km di media contro 126 km degli italiani».
In particolare, «le donne straniere tra i 50 e i 64 anni in
particolare presentano tassi di mobilità elevatissimi, legati al lavoro di cura e domestico, in continuità con un dato presente fin dagli anni del miracolo economico».Insomma l'Italia viaggia. Peccato che in retromarcia.
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