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Il valore delle visite in carcere

Alla domanda se sia giusto, per un parlamentare, visitare in carcere un terrorista, la risposta l'ha già data il Guardasigilli Nordio: le missioni nei penitenziari sono non solo un diritto, ma addirittura un dovere, degli eletti

Il valore delle visite in carcere

Alla domanda se sia giusto, per un parlamentare, visitare in carcere un terrorista, la risposta l'ha già data il Guardasigilli Nordio: le missioni nei penitenziari sono non solo un diritto, ma addirittura un dovere, degli eletti. La visita del parlamentare non è infatti, assimilabile a quella dell'avvocato difensore o del sacerdote: questi vanno a incontrare il loro assistito o un'anima di peccatore che, come tale, può redimersi. Il parlamentare visita invece colui che lo Stato trattiene in prigionia, per tutelare se stesso e la collettività, sapendo che, nei sistemi liberali moderni, e nella nostra Costituzione, l'obiettivo del carcere è punitivo ma ai fini di riammettere il detenuto nella comunità - da qui la discussione sulla anti-costituzionalità dell'ergastolo. I parlamentari compiono cioè un gesto politico, verificano che in carcere non vi si verifichino episodi che ledono la dignità e, in tal modo, controllano il dettato costituzionale.

La legge che introdusse le visite dei parlamentari in carcere è del 1975, proprio nel momento in cui venivano varate le prime misure straordinarie contro il terrorismo. Un paradosso, ma solo apparente; persino il terrorista, il nemico dello Stato, non perdeva, di fronte allo Stato, la sua valenza di persona. Nel corso degli anni i parlamentari di tutti gli schieramenti hanno praticato visite, certo, più spesso quelli di estrema destra si recavano a incontrare terroristi neri, quelli di estrema sinistra i rossi. Ma non solo: socialisti, ma soprattutto radicali, visitavano tutti e anzi Marco Pannella ne fece una battaglia di principio, non limitandosi ad estemporanei blitz nei confronti di detenuti «celebri»: i radicali incontravano anche i detenuti anonimi, i criminali comuni, gli stupratori, gli spacciatori. Non solo Pannella, ma anche Craxi, Moro, Berlinguer, e forse persino Almirante, avrebbero perciò alzato il sopracciglio a sentire in parlamento la tesi secondo cui, se visito un terrorista o un mafioso, vuol dire che sotto sotto simpatizzo per lui, anzi sono quasi suo complice. Un ragionamento difficilmente compatibile con i rudimenti del liberalismo e dello stato di diritto. Non si può visitare un terrorista (o un mafioso) perché tali? Ma è proprio della civiltà liberale occidentale, e in particolare di quella italiana di Cesare Beccaria e del primo paese importante ad abrogare la pena di morte, l'Italia appunto, nel 1889, riconoscere che anche il più atroce criminale possiede dei diritti. Mentre tutto questo è assente in tradizioni giuridiche di altre nazioni, la Russia, la Turchia, l'Iran..

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