Il Vaticano e 25 Paesi: "Stop alla guerra a Gaza"

Anche l'Italia tra i firmatari: "Nuovo abisso nelle sofferenze dei civili". Israele: rivolgetevi ad Hamas

Il Vaticano e 25 Paesi: "Stop alla guerra a Gaza"
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Alla fine, lo stillicidio di morte sembra aver fatto traboccare il vaso. Un vaso colmo di sangue che nessuno - dal Vaticano fino a Londra, passando per Roma - sembra ormai disposto ad ignorare. E così mentre lo sdegno del Vaticano dilaga e si fa sentire in tutte le sedi istituzionali, il governo inglese convince 25 paesi, tra cui l'Italia e una quindicina di nazioni europee, a firmare un dichiarazione in cui si sottolinea che "la guerra deve finire ora perché la sofferenza dei civili a Gaza ha toccato un nuovo abisso". Una richiesta che Israele respinge in toto. "È scollegata dalla realtà e invia un messaggio sbagliato ad Hamas - affermano i suoi portavoce - Tutte le dichiarazioni e tutte le rivendicazioni dovrebbero essere rivolte all'unica parte responsabile della mancanza di un accordo per il rilascio degli ostaggi e di un cessate il fuoco". Ma Hamas commenta soddisfatta: "È il riconoscimento internazionale della portata delle violazioni commesse dal governo fascista di occupazione".

Nel documento i 26 - tra cui ci sono Giappone, Canada e Nuova Zelanda, ma manca per evidenti ragioni storiche la Germania - condannano il modello israeliano di gestione dei flussi umanitari e "l'uccisione disumana di civili, compresi bambini". Parole durissime che suonano come l'ennesimo altolà ad un Benjamin Netanyahu già bersaglio delle indiscrezioni dei funzionari della Casa Bianca che lo hanno definito un "pazzo" pronto "a bombardare tutto in continuazione".

Ad anticipare l'affondo dei 26 ci pensa ieri mattina il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, appena rientrato da un viaggio negli orrori di Gaza. "Non riusciamo a capire le ragioni di tutto questo. Come il Papa giustamente ha detto, non è giustificabile. Abbiamo il dovere morale - sottolinea il Patriarca - di esprimere con assoluta chiarezza e franchezza la nostra critica alla politica che questo governo sta adottando a Gaza". Parole pronunciate, non a caso, solo 24 ore dopo la telefonata - assai poco distesa - tra Papa Leone XIV e il premier israeliano. Una telefonata seguita significativamente, ieri mattina, da quella tra il Papa e il presidente dell'Autorità Palestinese Mahmoud Abbas. Una conversazione in cui il Pontefice rilancia l'appello al pieno rispetto del diritto internazionale umanitario, sottolineando l'obbligo di proteggere i civili e i luoghi sacri, evitando l'uso indiscriminato della forza e il trasferimento forzato della popolazione. Parole da cui traspare lo sdegno della Santa Sede. Sentimenti anticipati sabato dal segretario di Stato Pietro Parolin, pronto a metter in dubbio le tesi israeliane secondo cui la granata di carro armato sparata contro la chiesa della Sacra Famiglia di Gaza sarebbe partita per errore.

Ma a livello politico il documento più significativo è senza dubbio quello proposto e fatto firmare dal Foreign Office britannico. "La negazione da parte del governo israeliano dell'essenziale assistenza umanitaria alla popolazione civile - recita la dichiarazione - è inaccettabile. Israele deve rispettare i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale".

Il tono durissimo del documento che definisce "inaccettabile" il progetto di "rimuovere" la popolazione e trasferirla in una cosiddetta "città umanitaria" rappresenta un'autentica levata di scudi della comunità internazionale nei confronti di Netanyahu e del suo esecutivo. Una levata di scudi partita da Londra, ma suggerita forse da un'Amministrazione Trump sempre più stizzita per il rifiuto del premier israeliano di discutere qualsiasi proposta di pace.

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