"In Vaticano soldati italiani per proteggere il Papa"

Ma la Santa Sede smentisce: "Notizie false, collaboriamo con la polizia"

"In Vaticano soldati italiani per proteggere il Papa"

Militari italiani «armati fino ai denti in assetto antisommossa», corpi speciali dell'antiterrorismo all'interno dei confini dello Stato vaticano, «nei luoghi più delicati a partire da Santa Marta dove alloggia il Pontefice e dove si svolgono gli incontri più riservati al di fuori dal cerimoniale». L'indiscrezione arriva su Virus (RaiDue) per bocca di Luigi Bisignani, l'«uomo che sussurra ai potenti», di solito ben informato su quel che succede dentro le mura vaticane. Dopo la strage di Bruxelles il livello di allerta a Roma e in Vaticano, già allo stadio 2 (quello immediatamente precedente ad un attacco in corso) è stato intensificato, con ulteriori misure di sicurezza per gli obiettivi sensibili come la Santa Sede (sotto Giubileo e Pasqua), più volte citata nei filmati di propaganda Isis. Non per nulla il piano di sicurezza per la Via Crucis è stato rafforzato con la presenza di centinaia di poliziotti, soldati e unità speciali.Bisignani attribuisce direttamente al Papa la «decisione a sorpresa» di permettere all'esercito italiano di proteggere «non tanto lui che degli attentati non si preoccupa, ma il suo piccolo Stato», un «atto rivoluzionario» visto che «l'efficiente gendarmeria vaticana dotata di reparti specializzati non aveva chiesto l'assistenza di militari italiani dentro le mura neppure dopo l'attentato a Papa Wojtyla» sostiene Bisignani. Che riferisce anche di un certo fastidio da parte dei cardinali: «Temono ingerenze e controlli che non amano». La notizia circola velocemente in Vaticano all'indomani del programma e nel giro di qualche ora arriva una smentita ufficiale sul Bollettino quotidiano della Santa Sede, firmata dal Direttore della Sala Stampa, Padre Federico Lombardi: «Con riferimento a quanto dichiarato circa la presenza di forze di Polizia italiane all'interno dello Stato della Città del Vaticano, si fa presente che, pur essendoci un rapporto quotidiano di proficua collaborazione tra la Gendarmeria Vaticana e gli organismi di Polizia italiane, tale affermazione è priva di fondamento».Il lobbista, tuttavia, conferma tutto: «La gendarmeria vaticana non ha le risorse necessarie, come numero di uomini e mezzi a disposizione, per gestire un'emergenza di questo genere. È comprensibile che chiedano aiuto alle forza di polizia italiana, proprio alla luce del rapporto di proficua collaborazione citato dalla nota della Santa Sede. Del resto anche ex importanti capi della polizia italiana sono consulenti per la sicurezza in Vaticano».Il riferimento è (anche) a Domenico Giani: l'uomo che vigila sulla sicurezza di Papa Francesco in qualità di Ispettore generale del Corpo della Gendarmeria del Vaticano, è proprio un ex poliziotto (ed ex Sisde, servizi segreti). E come lui provengono da Polizia o Arma dei Carabinieri diversi gendarmi del Papa, circa centocinquanta uomini a cui si aggiungono 120 Guardie Svizzere agli ordini del colonnello Christoph Graf. Contattato telefonicamente, Padre Lombardi smentisce nuovamente: «È falso».Da pochi anni la Gendarmeria, proprio per iniziativa del comandante Giani, fa parte dell'Interpol, mentre resta strettissima la collaborazione con l'Ispettorato della Polizia italiana presso il Vaticano.

Il rapporto è regolato dai Patti Lateranensi del 1929, dove all'articolo 3 si legge che «la piazza di San Pietro, pur facendo parte della Città del Vaticano, continuerà ad essere soggetta ai poteri di polizia delle autorità italiane, le quali si arresteranno ai piedi della scalinata della Basilica». Non un passo oltre, dunque. A meno di cataclismi.

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