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«Vedo vivere gli altri. Quando vivrò?»

Pubblichiamo alcune delle molte lettere d'amore giunte in redazione. Continuate a scrivere a letteredamore@ilgiornale.it

Sei stato per me come una pioggia estiva: bella da vedere, bella da sentire, bella da godere sulla pelle assetata. Sento ancora le gocce battere sulle braccia osannanti delle palme ignare in quella casa dove non ti ho mai permesso di entrare. Il cuore palpitava, ma la coscienza mi serrava dentro una camicia di forza lasciandomi senza respiro. Come avrei voluto accoglierti, ma ogni cosa intorno a me diceva no no no... Io tacita ubbidivo.

Quanti «domani» ti ho promesso. Ho inanellato un rosario di domani tutti vani, ma anelanti come anelante è una cassa armonica che vibra aspettando, sollecitata, di esternare le sue armonie nascoste. Come vorrei accoglierti ancora oggi, ora che il cuore è un poco più arido, la coscienza un poco meno severa. E tu ormai indifferente alle lusinghe d'amore non potresti più credere a promesse inutilmente profferte e me ne dolgo. Tanto.

Ho fatto di tutto per ritrovare il sorriso, ma senza di te non è vita. È l'ora di tagliare il filo, ma non ne ho il coraggio. Solo lo troverei se fossi sicura di ritrovare te. Se ti ritrovassi ti bacerei i piedi e ti chiederei scusa. Perché non ho mai capito nulla della vita ed ora è troppo tardi.

Maria Cristina Serra

Ecco un brano della lettera che scrissi a un mio grande amore. Sono passati tanti anni, ma posso confermare il contenuto della mia lettera in tutti i particolari, fatta recapitare in data 20 maggio 1972.

«Mia adorata Paola, da quando la tua famiglia è venuta a conoscenza del nostro rapporto ed è intervenuta sulla nostra relazione, senza alcuna pietà verso il nostro amore, l'unico conforto sono le tue lettere. Le leggo con l'avidità del desiderio costante di te, nel ricordo struggente dei tuoi baci, delle tue carezze, del tuo completo amore. La notte, il pensiero di te allontana con forza ogni possibilità del sonno e i miei occhi chiusi rievocano i magici momenti del nostro amore. Ti amo più della vita e mi accorgo, nei miei pensieri, d'invidiare l'aria che può accarezzare liberamente il tuo viso; l'acqua che scorre sul tuo corpo, padrona di tutte le tue intimità, mentre mi rende folle la tua lontananza. Tra tutte le tue lettere ve n'è una che mi parla della profondità del tuo amore in modo meraviglioso e quasi profetico, che m'addolcisce il cuore e fa vibrare di gioia la mia anima, rassicurandomi da ogni timore di perderti. Allora, stringo la tua fotografia, quella grande, a mezzo busto, dove i tuoi occhi neri e profondi sembrano parlarmi, ed io guardo la tua immagine; gli occhi mi brillano e lievi le dita scorrono i contorni del tuo viso, delle tue mani: l'anima mia ti parla e avvolge quell'immagine d'amore. I tuoi occhi mi guardano ed io leggo in quello sguardo la dolcezza immensa del tuo cuore; l'anelito dell'anima che vibra in trasparenza di quell'amore per cui solo vivo... e nel miracolo che può solo il cuore le nostre bocche si uniscono a distanza.

Ti amerò sempre, tuo Guido»

Guido de Marco

Sono alla finestra della mia stanza che dà sul vicolo semibuio e deserto, guardo l'ora: quasi mezzanotte. Odo qualche voce, passi frettolosi che si allontanano, il motore di un'automobile, una lambretta, una moto appena avviata.

Vorrei essere fuori, con te... Sento come il richiamo di una voce che m'invita. La notte mi piace, mi sento avvolta da grandi braccia. Non ho nessuna voglia di andarmene a dormire. È una bella notte. Fresca. Sento piacevoli brividi percorrermi le braccia nude. Che fortunati i ragazzi che possono uscire quando gli pare! Ora mi affaccio all'altra finestra che dà sulla strada. Qui c'è più luce, posso vedere ciò che accade. Respiro un'aria così pura che desidero fermarmi qui a lungo. Com'è bello sentire il gorgoglio della fontana sulla piazza... Non odo altri rumori... Ma quanto dura la quiete? E quella dell'anima? Penso a te che amo. Mi chiami Angelo... Vorrei essere vicino al mare, godere della fresca brezza e del profumo di salsedine con te. Dodici rintocchi.

Chi è felice? Forse questa giovane coppia su una vespa... Più nulla. Tutto tace. Da lontano il suono di un orologio ritardatario. Come cessano presto i segni della vita qui. Mi sento stanca di «veder vivere» gli altri. Quando «vivrò»?

Laura Gregorig Saunig

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