Veleni dell'antimafia, caccia al pm morto

Agenda di Borsellino, perquisite le case dell'ex procuratore Tinebra. Deceduto nel 2017

Veleni dell'antimafia, caccia al pm morto
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Giornata campale, ieri, per quella branca dell'archeologia giudiziaria a cui appartengono genericamente la Sicilia e l'Antimafia professionale, le cui complicate sortite ormai sono oggetto di attenzione solo tra gli affetti da labirintite giornalistica. Varie "notizie", in un sol giorno, sono riuscite a mettere insieme una perquisizione fatta dai carabinieri dei Ros (storicamente associati al generale Mario Mori) a casa dell'ex procuratore Giovanni Tinebra (morto da otto anni) oltre a un presunto suo ruolo (di Tinebra) in una loggia massonica ovviamente coperta, ma anche una sua parte nell'aver imboscato a suo tempo la celeberrima agenda rossa di Paolo Borsellino (la cui esistenza non è stata neppure mai ufficialmente provata) e questo mentre, sempre ieri, si registrava un esposto del citato generale Mori contro il Fatto Quotidiano per rivelazione di segreto dopo che aveva anticipato quanto domenica scorsa ha poi trasmesso Report (Raitre) il quale Report ha raccontato di presunti (presuntissimi) tentativi dell'ex capo del Ros, sempre Mori, di influenzare i lavori della Commissione nazionale Antimafia, questo mentre (non è finita) i Cinque Stelle, il Pd e Avs chiedevano alla Commissione Antimafia di acquisire gli atti citati durante Report (alcune intercettazioni di Mori coperte da segreto) mentre Forza Italia, dal canto suo, sollecitava il ministro della Giustizia affinché promuovesse un'ispezione alla Procura di Firenze dove il generale Mori è paradossalmente indagato per strage e associazione mafiosa, questo dopo esser stato assolto da infinite indagini e processi, tra i quali quello sulla fantomatica "trattativa Stato Mafia".

Se non avete capito niente, avete ragione.

Tocca proseguire con le cosiddette notizie. La procura di Caltanissetta ha mandato i Ros a perquisite tre case nella disponibilità dell'ex procuratore Tinebra con l'obiettivo di trovare elementi per l'indagine sui depistaggi successivi alla strage di via D'Amelio, questione sulla quale incredibilmente si indaga ancora. Non è stato trovato niente di utile. Tinebra è morto nel 2017 e fu responsabile delle prime indagini sulla strage, e un comunicato di ieri della Procura chiarisce (si fa per dire) che le perquisizioni servivano per capire "il contesto in cui si collocarono il depistaggio e la sparizione dell'agenda rossa", questo sulla base di un appunto del 20 luglio 1992 (33 anni fa) in cui il poliziotto Arnaldo La Barbera (morto nel 2002) scriveva di aver "consegnato al dottore Tinebra uno scatolo in cartone contenente una borsa in pelle e un'agenda appartenenti al giudice Borsellino". Scatolo è una variante dialettale di scatola. In sintesi, la mancanza di regolari scartoffie burocratiche avrebbe impedito di capire se la consegna dello "scatolo" ci fosse mai stata, e se dentro ci fossero mai state anche la borsa e l'agenda, anche perché La Barbera non ne ha mai parlato. Nel novembre scorso avevano già perquisito due abitazioni dei familiari di La Barbera (che nel 1992 era capo della mobile di Palermo) sempre alla ricerca dell'agenda: stesso risultato.

Il millesimo buco nell'acqua è stato condito con una "mascariata" contro il defunto Tinebra, un veleno in vecchio stile che sembra fatto apposta per essere deriso: la sua presunta appartenenza, ossia, a una loggia massonica a Nicosia (Enna, Sicilia) definita dagli inquirenti "una nuova P2" (molto originale) e la cui esistenza si dedurrebbe da alcuni incroci di vecchie dichiarazioni di pentiti, da alcune riletture di vecchi fascicoli giudiziari e persino dal contributo di una consulente della procura (pagata, presumiamo) la quale ha confermato un intreccio tra massonerie e club come il "Kiwanis", dove

spesso i massoni si incontravano e che in realtà (aggiungiamo noi) è solo un'organizzazione internazionale per il miglioramento della vita dei bambini attraverso il volontariato e la raccolta fondi. Null'altro da segnalare.

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