La Lombardia vuole riaprire il 4 maggio. Con «gradualità e in sicurezza», dice Fontana, ma riaprire. Il presupposto necessario è la «garanzia della salute dei nostri cittadini. Senza questa non saremo disposti a fare nulla», anche perché la Regione ieri piangeva ancora 231 morti. Ma la stessa cosa chiedono anche Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Sicilia: non andare oltre il 3 maggio, alla scadenza delle misure restrittive dell'ultimo Dpcm. Dispositivi di protezione individuale, distanziamento, diagnosi e digitalizzazione sono le «4D» indicate dal governatore lombardo come condizione per riaccendere i motori: «Scaglionare il lavoro magari su 7 giorni anziché su 5, con orari di inizio diversi per evitare l'utilizzo eccessivo dei mezzi pubblici in determinate fasce. Dobbiamo cercare di far ripartire la vita» in attesa del vaccino. E mentre filtra l'insofferenza da Roma per l'accelerazione, stigmatizzata anche da Nicola Zingaretti («L'uscita dal lockdown deve avvenire, ma avvenga dentro tempi e regole nazionali da individuare in fretta senza furbizie»), Luca Zaia, governatore del Veneto, la mette così: «Il vero tema è decidere se chiudere tutto e morire aspettando che il virus se ne vada, oppure se convivere con il virus». L'idea di Zaia è di riaprire anche prima: «Se ci sono i presupposti di natura sanitaria dal mondo scientifico dal 4 maggio o anche prima si può aprire con tutto. Non escludo che alcune attività possono essere anche messe in una griglia di partenza un po' prima». Anche il Piemonte, nonostante numeri ancora significativi, vuole pensare alla fase due: «Credo che il 4 maggio si possa iniziare una nuova normalità», spera il presidente Alberto Cirio. «Aspettare a braccia conserte che il virus se ne vada per ripartire come prima è il più grande errore che si possa fare. Attrezzarci per ripartire in sicurezza è il grande sforzo che la politica tutta deve fare».
In Sicilia, «i buoni risultati sul fronte sanitario non ci fanno abbassare la guardia che resta alta» spiega il governatore Nello Musumeci. Col comitato scientifico dell'isola invierà le sue proposte per la ripartenza graduale al governo Conte. Ma, chiede, non si vada oltre il 3 maggio: «Valutiamo l'ipotesi che lo Stato propenda di andare oltre al 3 maggio, mentre la nostra posizione è che non si può andare oltre a quella data, perché in Sicilia ci troviamo in una condizione epidemiologica diversa da quella di altre Regioni», dice l'assessore alla Salute, Ruggero Razza. Sull'isola ieri è partito lo screening con i test sierologici su un campione di cittadini.
Cgil, Cisl e Uil si dicono «preoccupati delle iniziative di singole Regioni, perché crediamo che in tal modo si possano pregiudicare gli sforzi che tutto il Paese ha messo in campo. Non è il momento delle fughe in avanti o dei protagonismi».
Risponde Fontana: «Per giorni ci hanno raccontato, anche dal governo, che la Lombardia doveva fare di più e da sola. Ora, dopo che la Regione ha lanciato una proposta per riaprire le attività con attenzione e buonsenso, da Roma parlano addirittura di fughe in avanti».
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