Venezuela alla dittatura. Dichiarati nulli gli atti del Parlamento

I giudici nominati dal regime silenziano l'Aula in cui l'opposizione è maggioranza

Venezuela alla dittatura. Dichiarati nulli gli atti del Parlamento

Colpo di stato. Si traduce così la decisione del Tribunale Supremo di Giustizia venezuelano (Tsj) che all'alba di ieri ha decretato nulli tutti gli atti del Parlamento, in cui alle elezioni dello scorso 6 dicembre l'opposizione ha ottenuto una maggioranza del 70%. Da 24 ore il Venezuela è dunque ufficialmente una dittatura, se è vero che la massima espressione della democrazia, il Parlamento eletto dal popolo, è stato silenziato da un Tsj al 100% chavista e i cui giudici sono stati nominati «a dito» dal regime. Sinora tutte le leggi parlamentari dall'emergenza economica all'amnistia per le centinaia di prigionieri politici - erano state dichiarate «immondizia» da Nicolás Maduro, ma la decisione del Tsj dimostra come il presidente sia intenzionato a sostituire l'oramai «inutile Parlamento golpista» con le «Comunas», organizzazioni politiche popolari nominate dal regime.

E mentre continuano gli arresti arbitrari nei confronti degli esponenti di maggior spicco di Voluntad Popular lo stesso partito di Leopoldo López, il prigioniero politico più celebre del chavismo, il Nelson Mandela venezuelano ormai da oltre due anni e mezzo recluso nel carcere militare di Ramo Verde - oggi è prevista un'altra manifestazione dell'opposizione, dopo quella dello scorso primo di settembre. A guidarla l'ultimo leader carismatico rimasto ancora in circolazione con tutti i diritti politici garantiti, quell'Henrique Capriles che ieri ha ribadito con forza all'ex premier spagnolo Rodríguez Zapatero a Caracas che «l'unico modo per uscire dalla crisi in modo democratico è il referendum, perciò scendiamo di nuovo in piazza». Difficile però che la manifestazione di oggi possa finire senza sangue in strada come quella di una settimana fa, dato che stavolta l'obiettivo dichiarato dell'opposizione è di arrivare al Cne «se lo farete peggio per voi» ha tuonato ieri Maduro - il Consiglio elettorale controllato dal regime che, da mesi, sta facendo di tutto per far slittare il referendum. Se si svolgesse prima dell'11 gennaio 2017, la consultazione manderebbe a casa Maduro, accreditato anche dai sondaggi chavisti a meno del 25% dei suffragi. Una ripulsa dovuta soprattutto alla scarsità crescente di cibo sugli scaffali dei supermercati statali Mercal e Pdval, i soli dove i poveri, ormai l'80% dei venezuelani, possono fare la spesa. Per recuperare un po' di appoggio, 5 giorni fa il delfino di Chavez ha assegnato ai suoi generali l'ingrato compito di distribuire ognuno un alimento al popolo. Non siamo a «oggi le comiche» ma all'apice dell'incubo rivoluzionario ed ecco allora che, dal 2 settembre scorso, il Generale di Brigata Pérez Mansilla «combatte» per far arrivare sulle tavole dei venezuelani l'olio, il Contralmirante Rueda Pinto è stato «assegnato al pollame» mentre il Generale Vera Boada, direttore dell'aviazione militare, ha l'ingrato compito d'assicurare al pueblo quel po' di carta igienica necessaria per assolvere a un minimo d'igiene personale.

La situazione del Venezuela è sempre più tragica perché, se da un lato sono i militari ad occuparsi oramai di tutto - dalla distribuzione delle razioni alimentari ribattezzate onomatopeicamente Clap (bisogna infatti plaudire il chavismo per ricevere il cibo) al controllo di petrolio e porti - dall'altro il malcontento e la repressione non fanno che aumentare.

Lo scorso fine settimana Maduro è stato cacciato a furor di popolo da uno dei centri più poveri della regione Nueva Esparta, dove era andato per un comizio mentre il giornalista che ha diffuso il filmato, Braulio Jatar di Reporte Confidencial, è stato subito arrestato dal Sebin, gli 007 di regime.

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