Secondo fonti del Miami Herald e del Wall Street Journal, l'amministrazione Trump sarebbe pronta a colpire obiettivi militari all'interno del Venezuela. Gli attacchi - che a detta del quotidiano della Florida potrebbero avvenire "nelle prossime ore o giorni" - sarebbero mirati a distruggere le installazioni utilizzate dal cosiddetto Cartello dei Soli, la rete di narcotraffico che Washington ritiene guidata dal dittatore Nicolás Maduro e dai generali del suo regime. Una notizia smentita però a stretto giro di posta dallo stesso Trump che ieri sera ha negato di considerare attacchi all'interno del Venezuela. Secondo il Washington Post, invece, Maduro avrebbe scritto una lettera al suo omologo russo, Vladimir Putin, chiedendo assistenza militare e attrezzature per rafforzare le difese del Venezuela, contattando allo stesso scopo anche la Cina e l'Iran.
Scoop veri o presunti della stampa Usa a parte, di sicuro c'è che Washington accusa il Cartello dei Soli di esportare circa 500 tonnellate di cocaina l'anno, dirette in gran parte verso Europa e Nord America. "Maduro sta per finire in trappola", avrebbe detto una fonte all'Herald, aggiungendo che il tempo del leader chavista "sta per scadere". Di certo la pressione americana è al massimo livello: la ricompensa per la cattura di Maduro è stata raddoppiata ad agosto a 50 milioni di dollari la più alta mai offerta dagli Usa mentre 25 milioni attendono chi consegnerà i suoi uomini più fidati, dal ministro dell'Interno Diosdado Cabello al ministro della Difesa Vladimir Padrino López, entrambi accusati di narcotraffico negli Usa.
"Maduro è uno dei più grandi trafficanti di droga al mondo e una minaccia per la sicurezza nazionale americana", ha dichiarato il procuratore generale Pam Bondi, spiegando che il regime chavista collabora con cartelli messicani come quello di Sinaloa e con il venezuelano Tren de Aragua. Dopo il suo ritorno alla Casa Bianca a gennaio, Donald Trump ha ordinato al Dipartimento di Stato di classificare il Cartello dei Soli e il Tren de Aragua come organizzazioni terroristiche transnazionali, aprendo così la strada ad azioni militari dirette. Da allora, il dispositivo americano nei Caraibi è cresciuto fino a diventare il più imponente dai tempi dell'operazione Giusta Causa a Panama, nel 1989.
La Forza Congiunta Usa conta tre cacciatorpediniere, un gruppo anfibio di 4.500 soldati, caccia F-35B e droni armati MQ-9 Reaper basati a Porto Rico. A questi si è aggiunto, il 24 ottobre, il gruppo d'attacco della portaerei USS Gerald R. Ford oltre 4.000 uomini e 90 aerei con il compito di "neutralizzare i leader del Cartello dei Soli e del Tren de Aragua". Nelle ultime settimane, la task force ha condotto operazioni marittime contro motoscafi narcos, eliminando 61 trafficanti al largo delle coste di Caracas e Falcón. Ma ora, affermano fonti del Pentagono ai due media Usa, il prossimo passo saranno attacchi di precisione contro laboratori, piste di atterraggio clandestine e convogli militari legati al traffico di droga.
Dietro la retorica antinarcotici c'è un chiaro obiettivo politico: la caduta di Maduro. Trump, tuttavia, "non vuole un'occupazione lunga", ha detto l'ex inviato speciale Elliott Abrams. "Preferisce operazioni chirurgiche, come quella contro il generale iraniano Soleimani". Anche perché il Venezuela non è Panama. Possiede un esercito numeroso e sistemi missilistici russi.
Ma per Trump, che considera Maduro "un narco-dittatore alleato dei peggiori nemici dell'America", la sua ora sarebbe arrivata e, tra il Mar dei Caraibi e il cielo di Caracas, c'è chi scommette che il colpo finale al regime chavista sia solo questione di settimane.