Venezuela nel caos: chi contesta Maduro rischia il carcere

Venezuela nel caos: chi contesta Maduro rischia il carcere

San Paolo Mentre continuano ad arrivare da Cuba accuse ridicole sul presunto golpe brasiliano veicolate anche da analisti di casa nostra allineati ai modelli del socialismo bolivariano, ieri a Caracas veniva sbattuto in carcere l'ennesimo esponente dell'opposizione, Delson Guarate. Il suo è il 127esimo arresto politico fatto dal regime del presidente Nicolás Maduro negli ultimi 4 giorni. Un'emergenza democratica denunciata dall'ong Foro Penale Venezuelano che preoccupa molto l'OEA, l'Organizzazione degli Stati Americani, l'Ue e la Chiesa cattolica.

Gli oramai più di 200 prigionieri politici del regime di Maduro, che ha superato da tempo in questa triste graduatoria anche i «maestri» cubani, sono del resto l'ennesima dimostrazione che chi governa il Venezuela oggi considera ingombrante la democrazia che non significa solo andare a votare - se è per quello si vota anche in Corea del Nord e all'Avana ma anche non reprimere e, magari, ascoltare chi la pensa in modo differente. Come ad esempio il milione di persone che l'altro ieri ha partecipato alla marcia battezzata dai leader dell'opposizione ancora a piede libero «la toma de Caracas», ovvero la presa della capitale. Obiettivo? Rivendicare che sia indetto al più presto un referendum per mandare a casa Maduro. In realtà lo chiedono dall'inizio del 2016 ma il destino del referendum previsto dalla Costituzione bolivariana voluta da Chávez - l'ultima possibile valvola di sfogo democratica per far uscire il Venezuela dalla tremenda crisi umanitaria in cui versa da tempo - è nelle mani del Consiglio elettorale chavista (CNE), che da sei mesi sta allungando a dismisura i tempi per la raccolta delle firme necessarie affinché s'indica quest'anno.

La volontà del regime è semplice: ritardare il voto sino all'11 gennaio 2017, una beffa perché da quella data in poi il «Sì» appoggiato dall'opposizione è al 70%-75% in tutti i sondaggi - non si procederà a nuove presidenziali ma Maduro sarà sostituito da chiunque deciderà lui, magari da sua moglie. E dunque il referendum, seppur pro forma tenutosi, sarà stato assolutamente inutile. Per evitare questo sono scesi in strada un milione di persone. Sarebbero state molte di più se, nell'ultima settimana, il regime non avesse eliminato la libertà di locomozione, usando persino il Sebin (gli 007 della revolución) e la GNB, la Guardia Nazionale Bolivariana, per bloccare il maggior numero possibile di bus, auto con a bordo manifestanti che, da tutto il paese, avevano deciso di partecipare. Persino 1500 indios che dall'Amazzonia stavano raggiungendo a piedi la capitale sono stati stoppati dagli sgherri di Maduro.

Certo, l'altroieri c'è stata anche una seconda marcia organizzata dal chavismo ma, nonostante l'obbligo per i dipendenti pubblici di parteciparvi e l'espulsione dei corrispondenti stranieri per evitare vedessero la realtà, il flop è stato palese. Mercoledì 7 settembre l'opposizione ha indetto un'altra marcia, staremo a vedere quanti arresti farà il regime.

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