«Dovessi fallire - aveva promesso lui stesso - non ci sarà bisogno che qualcuno me lo faccia notare: me ne accorgerò da solo e toglierò rapidamente il disturbo». Intanto il tempo passa e della rivoluzione dell'informazione Rai affidata a lui, Carlo Verdelli, nuovo direttore editoriale unico della Rai (figura del tutto inedita), non si vede traccia. Se si eccettua il lavoro di restyling dell'edizione serale del Tg2, curato da Verdelli insieme al direttore del telegiornale Marcello Masi, di qualche input generico ai tg («meno cronacaccia») e di qualche nomina da lui sponsorizzata, di Verdelli in Rai si parla più che altro col punto interrogativo: «Ma Verdelli cosa sta facendo?», tanto che nelle ultime settimane si fanno più forti le voci che il direttore editoriale voluto dal dg Campo Dall'Orto sia già pronto a mollare, stufo di non toccare palla e di essere scavalcato nelle decisioni editoriali, tranne quando bisogna prendersi le colpe di qualche incidente (Riina jr da Vespa). Lui sta al settimo piano di Viale Mazzini, i direttori dei Tg a Saxa Rubra fanno le scalette senza chiedergli il parere, mentre i direttori di rete annunciano progetti editoriali ed epurazioni di conduttori rivendicandole come scelte proprie. Ma allora a che serve un direttore editoriale (peraltro profumatamente pagato) se poi i tg li decidono i direttori dei tg e i programmi informativi li decidono i direttori di rete, come sempre? Anche sui nuovi palinsesti, che verranno presentati agli investitori pubblicitari a fine giugno, sembra che Verdelli non abbia messo bocca. Perciò si alimentano i rumors su un addio prematuro del direttore editoriale Rai, invenzione del renziano Dall'Orto, molto creativa ma finora poco efficace se alla poltrona non vengono attribuiti poteri reali. In realtà il timore dei giornalisti Rai è che improvvisamente piombi dall'alto il nuovo fantomatico Piano di offerta editoriale a cui sta lavorando Verdelli col suo staff, ma di cui non si sa nulla. Sempre che non sia come il Piano editoriale presentato in Vigilanza dalla direzione generale. Centoquaranta pagine piene di filosofia della televisione, con gli immancabile inglesismi che fanno tanto digital media company, sonoramente bocciate dallo stesso governo (azionista Rai) come pregevoli chiacchiere da salotto.
C'è un'altra corrente di pensiero in Rai, però, sul destino del direttore unico dell'informazione Rai. Che porta a supporto della propria tesi (cioè che alla fine Verdelli resti), le nuove nomine in arrivo. Come quella di Pier Bergonzi, vicedirettore della Gazzetta dello Sport (già diretta per l'appunto da Verdelli) a nuovo vice di RaiSport. Mentre per le conduzioni siamo in pieno toto-nomi.
Per la successione di Giannini a Ballarò si parla di Gianluca Semprini di SkyTg24 mentre spunta persino il nome di Gad Lerner per un possibile ritorno in Rai (non è renziano, ma è amico della Bignardi che su Twitter lo chiama «Gaddino» e che con lui ha iniziato la carriera a Milano, Italia). Sul fronte dirigenti, invece, è dato in uscita il direttore Audit e Anticorruzione Rai Gianfranco Cariola. Un grande viavai questa Rai renziana.
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