Renzi: "Verdini mai nel Pd". Ma è già caccia alle poltrone

Dopo l'addio a Forza Italia, il senatore punta alla presidenza delle commissioni in scadenza. Il Pd si spacca, Berlusconi: "Nessun aiuto"

Renzi: "Verdini mai nel Pd". Ma è già caccia alle poltrone

Berlusconi passa il tradizionale lunedì ad Arcore con la famiglia e i suoi avvocati. L'attuale fase politica non lo appassiona e a Roma verrà oggi ma solo per una toccata e fuga; per partecipare a un funerale della moglie di un onorevole azzurro. Poi farà rientro a villa San Martino senza dar troppo peso alle manovre del Palazzo. «Manovre di palazzo» sono considerate le mosse dell'ex uomo di fiducia Verdini che si appresta a ufficializzare la nascita del suo gruppo. Ore frenetiche in casa dei prossimi «responsabili», particolarmente abbottonati e silenziosi. Nel pomeriggio gira voce che già oggi Denis potrebbe procedere al varo della sua scialuppa a palazzo Madama ma le conferme non arrivano. Forse si aspetta l'incontro con Verdini, previsto in serata, per permettere a tutti gli interessati di raggiungere Roma. O forse si vuole essere certi che nessuno si tiri indietro all'ultimo momento. Perché al di là del tradizionale trionfalismo della vigilia, al momento del dunque non è mica facile trovare seguaci entusiasti. I «fatidici» dieci dovrebbero esserci: oltre a Verdini ci dovrebbero essere Vincenzo D'Anna, Ciro Falanga, Eva Longo, Riccardo Mazzoni, Lucio Barani, Antonio Scavone, Giuseppe Compagnone, Riccardo Conti e Pietro Langella. Alcuni di questi, tuttavia, seguirebbero Denis soltanto «monetizzando» il loro trasloco. Il problema è che di «monete» in tasca Verdini ne ha poche. Certo, ci sono in scadenza le presidenze di alcune Commissioni a palazzo Madama: quella del Bilancio, retta da Azzollini (Ncd); la Commissione Giustizia, guidata da Francesco Nitto Palma (Fi); l'Agricoltura, presieduta da Roberto Formigoni (Ncd) e la Lavori pubblici, retta da Altero Matteoli (Fi).

Ma quante poltrone potrebbe strappare Verdini in cambio della sua stampella? Non certo un numero in grado di accontentare tutti. Non solo: i posti di sottogoverno (sottosegretariati), seppur ambitissimi, sono argomento scivolosissimo per Renzi. Già mezzo Pd sta avendo le convulsioni dal mal di pancia all'idea di stare in piedi grazie ai voti di Verdini e i suoi; figurarsi se dovessero pure essere premiati con qualche poltrona. Altrettanto scivolosa è la promessa di ricandidare i responsabili in un prossimo e fantomatico «Partito della Nazione». Renzi potrebbe quindi navigare, per qualche miglio, grazie ai remi dei verdiniani; ma alla lunga rischia di affondare sotto i colpi della sinistra dem.

Dal canto suo Berlusconi continua a negare qualsivoglia nostalgia del Nazareno. Vuole ancorare Fi all'opposizione, seppur non preconcetta. Ripete che Renzi è un bluff e dagli azzurri non arriveranno soccorsi neppure sul fisco. «Il calo delle tasse? Sarebbe bello ma il premier non ce la può fare. Non ci sono le coperture».

E se Michaela Biancofiore arriva a parlare di «voti azzurri» se Renzi valutasse un vero governo di «Rinascimento nazionale» in grado di sanare tutte le emergenze, da Simone Furlan (leader dell'esercito di Silvio) arriva lo stop: «Il riavvicinamento a Fi del ministro Boschi e compagni, a cui Biancofiore fa riferimento, non credo sia una strada percorribile né adesso né in futuro».

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