Le verità nascoste sul processo che tirano in ballo Parolin. E quelle millanterie ambigue dal tempismo diabolico

Dopo il "Domani" anche le "Iene" rivelano le chat tra i protagonisti del caso Becciu

Le verità nascoste sul processo che tirano in ballo Parolin. E quelle millanterie ambigue dal tempismo diabolico
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Causa finita est, chaos nunquam. Qualcuno in Vaticano ruba le parole al cardinale Giuseppe Versaldi, che in mattinata liquida così l'addio di monsignor Angelo Becciu dal Conclave, aggiungendoci un pizzico di veleno: «La confusione non finirà, anzi». Il sospetto dentro la Congregazione è che ci sia molto altro dietro la scelta di Becciu di farsi da parte «per obbedienza a Papa Francesco», perché davvero l'ex sostituto alla Segreteria di Stato è un bergogliano doc, come il Giornale sostiene.

È pacifico che il Papa si sentisse tradito da lui, a torto o a ragione, e non lo volesse al Conclave per la condanna a cinque anni e mezzo per la gestione dei fondi della Santa Sede e i 200 milioni persi nell'affare del palazzo londinese di Sloane Avenue, dopo un processo le cui regole sono cambiate in corsa quattro volte. Ma se qualcuno - come lo stesso Versaldi ma non solo - mette in dubbio persino l'autenticità delle due lettere del Papa firmate «F» e vergate nel 2023 e solo poche settimane fa, vuol dire che qualcosa si è rotto.

A raccogliere i cocci dovrà essere Pietro Parolin, erede naturale di Francesco a cui il Papa ha conferito l'ingrato incarico di allontanare Becciu dal Conclave, potenzialmente il candidato migliore per mettere ordine nel chaos (le sue chance le capiremo meglio dopo la Messa pro eligendo...) ma anche, ironia della sorte, bersaglio degli schizzi di fango che arrivano indirettamente da chi, il processo a Becciu, l'avrebbe forse pilotato.

Almeno, questo è ciò che emerge dalle chat e dai file audio - alcuni anticipati dal Domani, altri inediti messi in onda ieri sera dalle Iene - che si sarebbero scambiati Francesca Romana Chaouqui, ascoltatissima «papessa» del cerchio magico di Bergoglio, il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi, il commissario della Gendarmeria vaticana Stefano De Santis e Genevieve Ciferri, angelo custode del supertestimone del processo Alberto Perlasca, ex collaboratore di Becciu diventato il suo carnefice. Frasi, allusioni, macchinazioni e sospetti che, se da un lato rafforzano l'ipotesi che il il Papa sia stato ingannato e cardinale sardo sia stato incastrato, come ha ripetuto ancora ieri, dall'altro millantano un improbabile ruolo per la vicenda anche dello stesso Segretario di Stato. «Ho contezza che il Santo Padre, Parolin e il Promotore (Diddi, ndr) sono informati», ripete la Chaouqui a una spaventata Ciferri. Emergerebbe infatti che Perlasca sarebbe stato imbeccato da dettagli e informazioni provenienti direttamente da informazioni riservate allora in mano solo agli inquirenti e che il principale papabile del Conclave, dalla Segreteria di Stato, fosse informato di tutto. «Il cardinale Parolin fa la gatta morta, ma... ovviamente molte cose le sa benissimo, e le ha sempre sapute», scriverebbe la Ciferri secondo il Domani. E ancora: «Parolin ha svolto la parte del cieco e del sordo» ma «era il capo di tutto, che scusante ha per le sue omissioni?». A parlare è sempre la Ciferri, pentitasi di aver contribuito alla condanna a Becciu. Millanterie, senza dubbio. Ma queste chat, omissate durante il processo nonostante le richieste dei legali del prelato sardo (e si capisce perché...), sono state girate al finanziere italo-inglese Raffaele Mincione, condannato nello stesso processo di Becciu, che si è rivolto all'Onu perché lo smonti.

Secondo il broker è falso ciò che ha stabilito il Tribunale vaticano presieduto da Giuseppe Pignatone, che a lui imputa sia un uso disinvolto dei soldi vaticani per imprudenti alchimie finanziarie scalate a banche in crisi tramite il fondo Athena Capital Global Opportunities, sia l'accordo fraudolento con l'altro broker Gianluigi Torzi per raggirare la Santa sede. Ma dentro quel cellulare ci sono anche veleni e miasmi, illazioni e sentito dire tutti da dimostrare (e da interpretare) che presto finiranno anche alla Procura di Roma.

Materiale potenzialmente esplosivo che rischia di sbarrare la strada verso il trono di San Pietro a Parolin, uscito con un tempismo diabolicamente perfetto alla vigilia del Conclave forse più difficile della Storia, contro il candidato ideale per rimettere in moto una Chiesa smarrita e senza pastore.

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