Mentre maggioranza e opposizione continuano a sfidarsi sul taglio dell'Irpef voluto dal governo e sui rilievi di Bankitalia, Corte dei Conti, Upb e Istat, c'è il giornale online Open che mette a confronto le misure del governo Meloni con quelle varate dal governo Draghi nel 2021 per la legge di Bilancio, parlando del "più grande sconto Irpef ai ricchi fatto da Mario Draghi". "Oggi è stata abbassata infatti una sola aliquota, dal 35 al 33 per cento dai 28 ai 50 mila euro lordi (2.400 euro netti mensili circa), e il beneficio massimo di 440 euro lordi è stato esteso fino ai 200 mila euro lordi di reddito (poco meno di 8 mila euro netti al mese)", premette il direttore Franco Bechis. Che ricostruisce come allora le aliquote ritoccate furono tre. La prima aliquota, del 41%, fu cancellata. La seconda, del 38% per i redditi fra 28 e 50 mila euro, fu abbassata di 3 punti, portandola al 35% attuale. La terza aliquota toccata fu quella fra 15 e 28 mila euro lordi, abbassata di due punti dal 27 al 25 per cento. Per un beneficio massimo della manovra Draghi sull'Irpef di 765 euro, quasi il doppio dei 440 euro attuali. "E ne beneficiarono senza alcun limite anche i redditi più alti, perfino quelli milionari", sottolinea Open. Che rileva: "Sulla legge di Bilancio 2022 quelle stesse considerazioni furono fatte mostrando coerenza e terzietà solo dall'Upb. Le altre due autorità restarono invece mute sull'Irpef. Non una parola dalla Banca d'Italia, che poteva essere in imbarazzo a criticare un ex Governatore". E a votare lo sconto di 765 euro ai milionari furono anche il Pd e il M5s.
E così il taglio dell'Irpef e il risorgere, a sinistra, dell'Araba Fenice della patrimoniale hanno riacceso il dibattito sulla tassazione. Solo che, in Italia, un reddito di 50 mila euro lordi, non certo una cifra da milionario, è lo step di partenza dell'ultimo scaglione, con un'aliquota del 43%. In sintesi: chi guadagna circa 2400 euro al mese netti rientra nella fascia di tassazione più elevata. Un unicum italiano, se confrontato con l'imposta più alta di altri paesi europei. C'è la Francia, ad esempio, considerata come un'economia affine a quella del Belpaese. Ebbene, Oltralpe l'aliquota del 41% - la penultima - è riservata a chi guadagna tra 83 mila euro lordi annui e 180 mila. Mentre, al di sopra dei 180 mila euro, l'aliquota sale al 45%. In Francia è esente da imposte chi guadagna fino a 11mila e 500 euro, la percentuale sale all'11% per i redditi fino a 29.315 euro e si alza al 30%, appunto, fino a 83.823 euro. Insomma, chi supera i 50 mila euro lordi si ritrova con un'aliquota di tredici punti in meno rispetto a chi percepisce la stessa cifra in Italia. In Germania la tassazione è più alta rispetto alla Francia, ma comunque un'aliquota simile al punto di partenza dell'ultimo scaglione italiano tocca a chi ha percepito un reddito lordo tra 68.482 e 277.825 euro, con il 42%. Un sistema, quello tedesco, che ha un'aliquota progressiva dal 14 al 42% variabile per i redditi da 12 mila a 68.481 euro. Oltre 277.825 euro l'aliquota è del 45%. Anche in Spagna chi guadagna 50mila euro all'anno, non è considerato un "paperone" e rientra nel range dei redditi che vanno da 35.201 euro a 60 mila euro, con un'aliquota del 37%. Inferiore al 43%.
Da 60 mila fino a 300 mila la tassazione sale al 45%. Oltre questa cifra l'aliquota spagnola è del 47%. In Spagna, poi, ci sono altri tre scaglioni. Il 19% fino a 12.450 euro, il 24% fino a 20.200 euro, il 30% fino a 35.200 euro. In questi paesi europei, a differenza dell'Italia, l'aliquota massima si applica a redditi oltre 180 mila euro in Francia, quasi 278 mila euro in Germania e oltre 300 mila euro in Spagna.
Ultimo scaglione che, nel Regno Unito, tocca i redditi superiori a 150 mila sterline all'anno, con un'aliquota del 45%. Percentuale che è del 40% nella fascia che va da 50.271 sterline (corrispondenti a circa 57 mila euro) a 150 mila sterline. Mentre, per i redditi inferiori, da 12.571 a 50.270 sterline, l'aliquota è del 20%.