Si chiede al Parlamento di legiferare sul fine vita con la pistola referendaria puntata alla testa. Basterebbe questa macabra metafora a spiegare la posta in gioco. Un colpo di bianchetto su un articolo del codice penale, il 579, che eliminerebbe quasi del tutto la punibilità dell'omicidio del consenziente. Sono in molti a pensare che - al netto delle firme raccolte - il quesito sia così malposto che la Corte costituzionale potrebbe giudicarlo inammissibile. Vedremo, bisognerà aspettare il 15 febbraio.
Ma il tema del fine vita purtroppo non è rinviabile, perché per troppo tempo il Parlamento ha sottovalutato il problema. Non tanto perché sia percepito come urgente dai cittadini. Nel 2020 i biotestamenti depositati nei Comuni erano appena 113mila. Numeri che testimoniano, come per il dibattito sulle coppie di fatto o sul ddl Zan, quanto l'ideologia mainstream faccia passare come urgenti questioni che riguardano una minoranza di persone. Ma questo non significa che non si debbano mettere dei paletti, a maggior ragione quando l'alternativa a una giurisprudenza creativa che ha già prodotto delle mostruosità in tema di diritto familiare e utero in affitto lascia spazio a un quesito referendario malposto e oltremodo pericoloso.
Per un cattolico, così come per chiunque abbia del buon senso, la vita non è un bene negoziabile, né tanto meno contendibile. Abbiamo visto con la pandemia come la spirale spietata che distingueva le vite degne da quelle «sacrificabili» abbia silenziosamente attraversato le coscienze di chi era costretto ad operare nelle terapie intensive e in ospedale. Il Papa ha il torto di ricordare che la promozione dell'eutanasia e del suicidio assistito per i malati nelle fasi terminali sottende all'idea che ci siano «vite da scartare». Non è la prima volta che la tunica papale si strappa a convenienza, perché sui migranti può parlare ma se condanna aborto e eutanasia è «invasione di campo». La vita è una e va difesa sempre, che tu sia in mare, in un letto d'ospedale, o nel grembo di una madre riluttante perché confusa o male informata.
Le cure palliative e la morte senza sofferenza sono già un doloroso compromesso.
Così invece il diritto a liberarci di chi è indegno diventerebbe la comoda scorciatoia a buon mercato di un meccanismo autodistruttivo in cui si perde di vista il vero valore della persona, prima ancora che il messaggio di Dio.
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