«Ti verrò a trovare persino nei sogni, perché anche mentre dormo ti amo». Lo scriveva sui social il 29enne Mustafa Sezgin Seymen, che sabato notte al Reina non stava festeggiando solo il Capodanno, ma il fidanzamento con Sezen. Si sarebbero dovuti sposare il 21 maggio prossimo. Sono parole che rilette dopo il dramma mettono i brividi. Lui non ce l'ha fatta, lei è sopravvissuta, uscita indenne con una ferita indelebile nel cuore. Quella di Mustafa è una delle tante storie di persone che si sono trovate nel posto sbagliato al momento sbagliato, 39 vite di mezzo mondo spezzate da una raffica vigliacca di kalashnikov. Il bollettino di guerra viene srotolato dal ministro della Famiglia turco, Fatma Betul Sayan Kaya, che ai cronisti parla di «sette vittime saudite, 3 sono irachene, ce ne sono altrettante della Giordania, e poi 2 libanesi, una tunisina di passaporto francese, una kuwaitiana, una siriana e una israeliana». Dopo aver letto la lista si accorge di aver saltato una riga e aggiunge: «Ci sono poi un belga originario della Turchia e un iracheno di passaporto canadese». Tutte le altre persone trucidate sono di origini turche. E se l'appuntamento con la morte trasmette un senso di omologazione claustrofobico, sono le singole storie a portare a galla tante dolorose unicità.
Nella mattanza all'Elite Club Reina il destino si è accanito su Fatih Cakmak, il cui appuntamento con la morte era stato soltanto rimandato di qualche giorno. Fatih era scampato all'attentato del 10 dicembre all'esterno dello stadio del Besiktas, che causò 45 morti. In entrambe le circostanze stava lavorando. Sabato notte era in servizio nel night e una sventagliata di mitra l'ha raggiunto in pieno petto. Pochi istanti dopo Fatih è caduto ferito a morte anche un suo collega, Hatice Karcilar, di 27 anni. La loro agenzia, che gli versava uno stipendio di 900 euro al mese, era stata ingaggiata per garantire sicurezza all'interno del locale. Per dare una mano anche a Burak Yildiz, un poliziotto di appena vent'anni, ucciso dal killer all'ingresso del locale prima di scatenare l'inferno. Per proteggere persone come la 18enne Leanne Nasser, originaria della città israeliana di Tira, in vacanza assieme ad altre tre amiche. Una di loro, Alaa Abdalahi, racconta che «Leanne non aveva paura di questo viaggio a Istanbul, nonostante i recenti attentati. Poi d'un tratto l'ho vista cadere a terra. Non dimenticherò mai quel terribile momento». Kenan Kutluk a differenza degli oltre 600 ospiti al Reina lavorava come cameriere.
Sul suo profilo Facebook scorrono le immagini di Kenan a fianco dei tanti vip che sono transitati dal club, come i calciatori Diego Costa e Mesut Ozil. Lascia la moglie e due figlie, gemelle, di appena 3 anni.
Non ce l'ha fatta neppure Jalal Abbas, 22enne iracheno, che a Istanbul studiava all'Università Kemerburgaz. Nel locale si trovava con altri due giovani connazionali, Saud Mohammed e Abdourazaq Bazma. Da tempo sognavo di raggiungerlo a Istanbul per trascorrere assieme le vacanze di Capodanno.
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