Il vertice Renzi-Hollande finisce a «baguette» e vino

Il premier italiano incontra il presidente francese all'Expo: «Né isterismi né muri, è pronto il piano B» Ma dopo lo spuntino gli immigrati restano da noi

Roma«Ho costretto François a bere, perché il vino italiano mi sembra meglio dello champagne». Il solito siparietto di Matteo Renzi, al termine dell'incontro con il presidente francese Hollande ieri all'Expo, evidenzia la consueta mancanza di risultati sul dossier immigrazione. Insomma, il premier ne ha approfittato per un po' di autopromozione scherzando con il numero uno dell'Eliseo su un'altra polemica recente. «È meglio con un po' di Nutella», ha detto Renzi al suo interlocutore addentando una francesissima baguette e sponsorizzando la nostra crema alla nocciola, messa all'indice dal ministro Ségolène Royal.

Sulle questioni importanti le distanze restano invariate, anche se il nostro presidente del Consiglio ha dissimulato con il suo eloquio il nulla di fatto. «Il problema di Ventimiglia non riguarda solo Ventimiglia, ma tutta l'Europa», ha minimizzato il presidente del Consiglio rimarcando che «non c'è mai stata tensione fra Italia e Francia» e che «le relazioni godono ottima salute». Peccato che, in questo modo, abbia dato a Hollande l'aggio di affermare che «sono state applicate le regole». A Renzi non è rimasto che inveire contro il Trattato di Dublino - «che è quanto di più negativo ci sia per l'Italia» - scaricando sul centrodestra che lo siglò l'incapacità dell'attuale esecutivo di farsi rispettare dai partner europei.

E che l'Italia non sia tenuta in gran conto lo dimostrano le successive parole di Hollande. «La formula delle quote crea confusione, non ha nessun senso una quota per le persone che hanno diritto all'asilo, dobbiamo trovare altre soluzioni», ha aggiunto. La Francia, in buona sostanza, cercherà di tenere le frontiere il più chiuse possibile, invocando scenari che non facciano gravare il peso di questo dramma sulle spalle dell'Italia, ma di fatto infischiandosene della solidarietà che pure i Trattati istitutivi dell'Ue prevedrebbero. Non a caso, il governatore della Liguria, Giovanni Toti, si è alquanto indignato per le manifestazioni di «affetto» di Renzi nei confronti di Hollande, colpevole di avere scaricato su Ventimiglia un fardello insostenibile.

Renzi ha fatto finta di nulla («Serve un approccio responsabile e non muscolare»). Ha dovuto, in questo modo, sorbirsi pure una lezione di politica estera da parte del suo collega. Se si vogliono ottenere risultati sull'emergenza immigrazione, «bisogna cominciare trovando una soluzione alle crisi in Siria e in Iraq», ha chiosato Monsieur le Président . Che è un po' come parlare dei massimi sistemi, poiché nessuno di quei due interventi è attuabile senza il consenso di Onu, Nato, stati Uniti e, soprattutto, Israele sul quale potrebbero pesare le ovvie ritorsioni degli islamisti.

Pensare che Renzi si sia fatto prendere a pesci in faccia da Hollande sarebbe comunque semplicistico. Il presidente del Consiglio ha, infatti, ribadito al «vicino di casa» la minaccia che va ripetendo da una settimana. «L'Italia è pronta a mettere in campo il piano B», ha dichiarato evidenziando che «la soluzione si trova solo agendo con un senso di solidarietà umana: se non dovesse esserci, l'Italia è pronta a fare da sola». La ricetta «fatta in casa» è molto rischiosa.

In primo luogo, perché Renzi allude chiaramente a ipotesi che spaziano dal divieto di attracco nei porti italiani fino a un'operazione di polizia sulle coste libiche che implicherebbe un accordo col governo di Tripoli (riconosciuto da pochi). Il premier, tuttavia, è disposto a scendere a patti col diavolo, come dimostrato dagli abboccamenti col dittatore eritreo Afewerki. Irritare gli alleati storici, però, potrebbe essere rischioso.

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