Viaggio tra i veneti infuriati: "Siamo invasi dai profughi"

Non solo Quinto di Treviso: anche Eraclea e Portogruaro stanno per esplodere sotto il peso dei nuovi arrivi

Viaggio tra i veneti infuriati: "Siamo invasi dai profughi"

Portogruaro - I profughi si rigirano sui materassini gonfiabili, cercando di trovare un po’ di scampo all’afa. Dai finestroni della palestra non entra un filo d’aria, tutta la Laguna veneta sembra sprofondata in una cappa di calore e umidità.

È Portogruaro, in provincia di Venezia ma a una manciata di chilometri dal Friuli, il palcoscenico dell’ultimo, demenziale capitolo della gestione schizofrenica dell’emergenza immigrazione. Ai primi di luglio la prefettura ha assegnato all’Istituto tecnico commerciale “Gino Luzzatto” una quindicina di profughi da sistemare in palestra. Della logistica si sarebbe occupata la cooperativa “Solaris” di Carpi, nel Modenese, già al lavoro nel Triveneto in altri contesti analoghi.

I profughi, che ormai sono più di sessanta, dormono su materassi buttati per terra nella palestra di ginnastica, un lenzuolo per detergere il sudore, i vestiti bagnati stesi ad asciugare sulle spalliere a muro.

Già dopo la prima notte, dieci immigrati su quindici erano scappati. “Da allora, però, continuano ad aumentare di numero - dice sconsolata la preside Michela Borin – Io dovrei essere in ferie, ma do una mano volentieri. La disorganizzazione però è totale: io stessa ho portato mobili e suppellettili private per sopperire alle prime necessità”.

Il problema, però, sta a monte: la struttura è priva di acqua calda e il ricambio d’aria, specie in questi giorni di canicola, non esiste. Domenica l’Ulss ha comunicato che la palestra è inadeguata e che entro quarantotto ore la prefettura avrebbe dovuto trovare un’altra sistemazione. A metà giornata di lunedì, però, al “Luttazzo” nessuno crede seriamente che se ne andranno e anzi la preside teme per la ripresa delle attività scolastiche a fine agosto: “Mi hanno detto che per il 15 se ne sarebbero andati, ma io non ci credo. Si figuri che del rapporto dell’Ulss l’ho saputo dal telegiornale perché nessuno si era preso la briga di avvisarmi…”

A Eraclea la situazione è anche peggiore

Trenta chilometri più a ovest, sul mare, va in scena un’altra commedia dell’assurdo. Nel residence “Le Mimose” di Eraclea Mare sono stati ospitati circa 250 migranti, perlopiù africani e bengalesi. La frazione, d’inverno, non conta più di duecento abitanti.

I profughi sono alloggiati in 64 appartamenti affittati dalla “Solaris” per otto anni. L’obiettivo è quello di fare del residence una sorta di hub del sociale, che in futuro possa ospitare anche disabili, famiglie in difficoltà economica e ogni genere di soggetti a rischio.

Un progetto osteggiato dai quei proprietari che nei mesi scorsi avevano comprato un appartamento alle Mimose e che ora vedono crollare vertiginosamente il valore del proprio investimento. Sabato è arrivato qui Matteo Salvini e mille persone, giunte anche dai paesi vicini, hanno protestato contro la decisione della prefettura.

Dalla coop, però, affermano che più che la presenza dei profughi ad allontanare i turisti è l’allarmismo leghista. “I ragazzi sono contenti di stare qui e il rapporto con la popolazione locale è buono”, ci spiegano impiegati e volontari.

Quando ci incamminiamo verso l’interno della struttura, però, veniamo seguiti a trenta passi da un impiegato della Solaris: hanno il terrore che possiamo vedere o ascoltare le storie sbagliate.

Sappiamo che pochi giorni fa gli immigrati hanno inscenato una protesta di massa per chiedere migliori condizioni, arrivando anche a bloccare la strada. Evidentemente sono stati ben istruiti, perché ora rispondono compatti di essere felicissimi di trovarsi ad Eraclea.

Vivono in piccoli bilocali a gruppi di sei o di sette: due stanze ed un bagno dotati di aria condizionata, balcone e in qualche caso di televisione. Sentiamo un impiegato della Solaris che chiede la possibilità di installare il wifi. Non si tratta di sistemazioni di lusso, ma rispetto a Portogruaro è un paradiso.

Il residence dispone anche di solarium e piscina, ma i responsabili ci spiegano di aver lasciato aperto solo il campo sportivo, “per non creare tensioni sociali.” In un’ala del complesso soggiornano dei vacanzieri italiani, ai balconi striscioni di protesta contro la prefettura. Incontriamo un’anziana coppia veneta, qui per qualche giorno al mare. Non vogliono farsi riprendere, ma sono furibondi: “La sera ho paura a uscire di casa, siamo soli nel palazzo. Mio genero voleva comprare un appartamento, ma ha cambiato idea”.

La soluzione escogitata per Eraclea è assurda, il paese rischia di trasformarsi in una nuova Quinto di Treviso. Persino l’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari ha attaccato il governo, proponendo di alloggiare i profughi nelle caserme vuote. Nelle città, evidentemente no.

Fuori dalle Mimose

di Eraclea, intanto, gli africani cercano un po’ di riparo dal sole, entrano ed escono dalle camere con l’aria condizionata. Gli impiegati della coop allungano il collo per sorvegliare i giornalisti. Il teatrino va avanti.

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