«Vietato arrestare i migranti irregolari». Anzi, no: «Sì alla loro detenzione». L'Unione Europea contraddice se stessa. E mette in luce l'ennesimo paradosso sulla gestione dei rimpatri. Nei giorni scorsi il commissario europeo all'immigrazione, Dimitris Avramopoulos, è stato chiaro: «Gli Stati membri dovrebbero ricorrere ai centri di detenzione quando i migranti irregolari non collaborano o c'è il rischio di fuga e per un periodo che permetta la definizione della procedura di allontanamento dal territorio. Ed è uno strumento da utilizzare quando non ve ne siano di meno coercitivi, ma efficaci».
Per ribadire il concetto, poi ha aggiunto: «Questi centri non devono essere considerati come campi di concentramento. Tutto avviene nel pieno rispetto dei diritti umani». Un pensiero espresso il 16 giugno 2016 dallo stesso commissario che auspicava anche «la detenzione per chi si sottrae all'identificazione». Bruxelles però dimentica che la Corte di giustizia dell'Unione europea ha più volte vietato la detenzione dei migranti irregolari. L'ultima sentenza in merito è del 7 giugno 2016.
E cosa dice? «È vietato imprigionare un cittadino di un Paese non Ue che non sia stato ancora soggetto a procedura di rimpatrio solamente perché è entrato sul territorio di uno Stato membro in modo illegale». Il caso riguardava l'ingresso illecito di una cittadina del Ghana, Selina Affum, fermata nel 2013 dalla polizia francese a bordo di un autobus partito dal Belgio e trovata senza documenti.
Con un'altra sentenza del 2011, la stessa Corte aveva già espresso lo stesso pensiero dichiarando che il diritto europeo si oppone «a qualsiasi normativa di uno Stato membro» che punisca «il soggiorno illegale con la reclusione». Mettiamola così: probabilmente c'è scarsa comunicazione tra Bruxelles e Lussemburgo.
Eppure fa specie che la Commissione inviti i paesi a fare qualcosa che un suo stesso organo ha vietato espressamente. Se a ciò si aggiunge che l'Italia è stata condannata nel 2015 dalla Corte Europea dei diritti umani per la detenzione «illegale» di tre migranti tunisini, il quadro si fa più fosco.
E diventa indecifrabile se si aggiunge che un'altra organizzazione internazionale, il Consiglio d'Europa, ha esortato «gli Stati ad abolire questa pratica» che «interferisce profondamente con il loro diritto alla libertà».
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