Il Viminale nella bufera per la visita in cella Ira delle toghe: spinge a farsi giustizia da sé

L'Anm critica il vicepremier in cella dall'imprenditore. Di Maio sta con lui

Chiara Giannini

Roma Matteo Salvini, con la visita in carcere all'imprenditore Angelo Peveri, condannato a quattro anni e mezzo per aver sparato a un ladro rumeno, ha scatenato l'ira della magistratura in tema di legittima difesa. Le polemiche non si sono placate neanche ieri, viste le critiche del procuratore di Piacenza Salvatore Cappelleri: «Potrebbe essere una spinta a farsi giustizia da sé: è pericoloso».

Il primo attacco al leghista era arrivato sabato sera dalla giunta esecutiva centrale dell'Associazione nazionale magistrati. «Siamo costretti ancora una volta - scrivevano - a fare chiarezza su quelli che sono i compiti che la Costituzione assegna a ciascuna istituzione. Le decisioni in merito alle modalità e alla durata di una pena detentiva spettano non al ministro dell'Interno, che ha fatto visita a un detenuto condannato con sentenza passata in giudicato, ma solo alla magistratura, che emette le sentenze in modo rigoroso e applicando le leggi dello Stato».

Dichiarazioni che hanno scatenato le critiche di Magistratura indipendente: «Ci vediamo costretti a segnalare che il documento della giunta dell'Anm è stato deliberato a stretta maggioranza - scrivono -, ovvero con un solo voto di scarto, quello del presidente dell'associazione. Il nostro voto contrario, di cui non si è voluto dare formalmente atto, è fondato sul fatto che le dichiarazioni del ministro dell'Interno, rese dopo la visita in carcere all'imprenditore di Piacenza Angelo Peveri - continuano - in nessuna parte ci sono apparse lesive dell'operato dei magistrati, che hanno agito sulla base delle leggi vigenti».

I magistrati, tra cui proprio il vicepresidente dell'Anm Giancarlo Dominijanni chiariscono che «se la politica vuole legiferare in materia di legittima difesa, i magistrati possono formulare considerazioni tecniche, ma devono astenersi dall'emettere comunicati che l'opinione pubblica rischia di interpretare in chiave politica».

In difesa di Salvini è arrivato anche Luigi Di Maio: «Le responsabilità di quell'imprenditore - ha detto a margine di un evento con Coldiretti - le decideranno i giudici, ciò non significa che un ministro non possa andare a trovare una persona in detenzione. Io non ho notizie di richieste di grazia».

La legge sulla Legittima difesa è, oltretutto, caldeggiata dal ministro per la Pa, Giulia Bongiorno. «Sono estremamente soddisfatta - spiega - perché finalmente avremo una legge che si schiera decisamente a favore di chi è aggredito. La considero di importanza strategica: è un elemento di certezza del diritto». Quanto alle critiche le definisce «politiche e non giuridiche. Non è affatto una licenza ad uccidere».

In merito alla visita a Peveri: «Rispettiamo le sentenze, ma ritengo la presenza di Salvini accanto a una persona che è due volte vittima, prima di un'aggressione e poi di un sistema paradossale che offre sconti anche non sempre giustificati, sia coerente con una nostra battaglia».

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