Vince Obrador, leader di sinistra che imita Trump

Ha superato il rivale di 30 punti percentuali, promette riconciliazione e "patria per prima"

Vince Obrador, leader di sinistra che imita Trump

San Paolo - Per comprendere gli umori dei messicani lo Zócalo - la piazza della Costituzione, cuore pulsante e storico di Città del Messico è il termometro migliore. Domenica notte, quando Andrés Manuel López Obrador, 64 anni, più conosciuto semplicemente come AMLO, l'ha scelta come palco del suo primo discorso da presidente del Messico esordendo con la frase «per il bene di tutti, prima i poveri», lo Zócalo traboccava di uomini e donne in festa per la prima, storica vittoria, di un «uomo veramente di sinistra» e da sempre «vicino ai movimenti dei più umili».

Queste alcune delle frasi raccolte dai reporter della tv Televisa dopo l'ufficialità che AMLO aveva preso il 53,4 per cento dei voti, avendo distanziato il suo rivale Ricardo Anaya del Partito di Azione Nazionale (Pan), di oltre 30 punti percentuali, un'enormità. Una svolta in controtendenza se si pensa che il modello del socialismo bolivariano sul continente si mantiene con la forza solo in Venezuela, Nicaragua e Bolivia mentre è stato via via dismesso un po' ovunque nel resto dell'America latina.

Ieri, invece, lo stesso Zócalo era affollato di messicani in lacrime per la «maledizione mondiale della quinta partita», che anche a Russia 2018 resterà solo una chimera per gli Azteca dopo la sconfitta contro la Seleçao. Gioia e lacrime, alti e bassi, politica e sport, guerra alla droga e cartelli narcos sempre più violenti, Stati Uniti a nord e Guatemala a sud. È da sempre fatto di contrasti il quotidiano dei messicani, in bilico perenne tra la modernità che il liberale Benito Juárez tentò d'introdurre nel paese nella seconda metà del XIXesimo secolo e le tradizioni di un mondo rurale legato ai simboli di culture millenarie più di quanto si possa pensare.

López Obrador ha saputo interpretare anche l'aspetto simbolico dei suoi concittadini e, non a caso, la notte del trionfo ha scelto proprio lo Zócalo per fare le sue prime dichiarazioni e lanciare quella che lui ha ribattezzato la «riconciliazione» non si sa ancora se tra messicani, modelli ideologici o paradigmi economici. «Un piano di riconciliazione e pace per il Messico» - ha detto - in cui verranno convocati rappresentanti dei diritti umani, leader religiosi e dell'Onu.

Nessuno ha ancora chiaro cosa voglia fare di preciso AMLO anche se per alcuni la sua «riconciliazione» altro non è che la versione messicana della «lettera al popolo brasiliano» resa pubblica da Lula nel 2002 per calmare i mercati, diminuire i timori degli investitori stranieri e bloccare la speculazione sul cambio.

Di tempo per spiegarsi meglio comunque AMLO ne ha, visto che il suo insediamento avverrà solo il primo dicembre prossimo mentre, sino ad allora, continuerà ad occupare Los Pinos, la residenza presidenziale, Enrique Peña Nieto. Forse il peggior presidente del Partito rivoluzionario istituzionale, che ha governato dal 1928 al 2000 e dal 2012 a oggi. Il suo fallimento nella lotta contro la violenza narcos e contro la corruzione spiega in parte il trionfo. Ma forse il miglior uomo marketing inconsapevole di López Obrador è stato Trump. A The Donald il neopresidente ha persino dedicato un libro. E così di fronte ad uno che «parla dei messicani come Hitler e i nazisti facevano degli ebrei» - AMLO dixit riferendosi a The Donald López Obrador potrebbe anche essere il primo presidente messicano cattocomunista.

Poi il messicano sfonda anche a destra con uno slogan - «la patria per prima» - che richiama l'America di Trump. Di qui al 2020 ne vedremo delle belle sulle due sponde del Rio Grande/Bravo con il binomio presidenziale AMLO-Trump.

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