Cronache

Vince la piazza, cade il governo. Il Libano è sull'orlo del baratro

Il premier Diab lascia: "Passo indietro per stare con la gente contro la corruzione". Nuovi scontri in strada

Vince la piazza, cade il governo. Il Libano è sull'orlo del baratro

Rabbia per le strade, dimissioni di tutto il governo, una città in macerie. È il panorama libanese dopo il disastro del 4 agosto. Ieri sera il primo ministro libanese Hassan Diab si è rivolto alla nazione alle 19 e 30 ora locale per annunciare le dimissioni della sua squadra contestata e accusata dal popolo in piazza.

Subito dopo Diab si è diretto al palazzo presidenziale di Baabda per presentare le dimissioni al capo dello Stato Michel Aoun. «Il sistema della corruzione si è diffuso all'interno di tutto lo Stato. Mi sono reso conto che questo sistema è più grande dello Stato e che non sono riuscito a combatterlo.

L'esplosione a Beirut è il risultato di una corruzione endemica». Poi ha proseguito: «La portata della tragedia è indescrivibile, ma ad alcuni non interessa. Vogliono solo guadagnare punti, pronunciare discorsi populisti e distruggere ciò che resta dello Stato. Stiamo facendo un passo indietro per guidare la battaglia per il cambiamento con il popolo. Per questo motivo oggi annuncio le dimissioni di questo governo. Che Dio protegga il Libano!».

Quando l'esecutivo si è riunito ieri pomeriggio, «la maggior parte dei ministri era favorevole alle dimissioni», ha confermato Vartiné Ohanian, titolare della Gioventù e dello sport. Ma le dimissioni non hanno placato la rabbia dei cittadini.

Anche ieri ci sono stati scontri violenti fra manifestanti e forze dell'ordine nel centro di Beirut, vicino al Parlamento. Le persone per strada hanno chiesto «vendetta» e conto delle responsabilità a una classe politica totalmente screditata.

Il movimento di protesta popolare vuole le dimissioni dell'intera classe politica anche del presidente della repubblica Michel Aoun ritratto per le strade in un manifesto vicino al leader di Hezbollah Hassan Nasrallah.

In attesa della formazione di un nuovo governo, Diab rimarrà responsabile della gestione degli affari correnti. La data delle consultazioni parlamentari non dovrebbe essere fissata dalla Presidenza, fino a quando non si troverà un accordo sull'identità del prossimo primo ministro. Il discorso di Diab e le dimissioni ufficiali del gabinetto arrivano quando diversi ministri si erano già tirati indietro. Il popolo libanese è arrabbiato per la devastazione causata in molti quartieri della capitale dalla esplosione. Ma il Paese era già colpito da una crisi economica senza precedenti nella sua storia recente.

L'ondata di dimissioni è partita sabato ed è proseguita ieri con le dimissioni del vicepresidente del Consiglio e ministro della Difesa Zeina Acar, ministro delle finanze Ghazi Wazni, e il ministro della Giustizia, Marie-Claude Najem, e di Henri Hélou. La deputata Paula Yacoubian, sabato ha annunciato le sue dimissioni, e le ha consegnate per iscritto alla Camera ieri.

Domenica ci sono state le dimissioni del ministro dell'Informazione Manal Abdel Samad e del ministro dell'ambiente Damien Kattar. Anche il ministro delle finanze Ghazi Wazni si è dimesso dal governo. Ma per il ministro dell'Interno, Mohammad Fahmi non è una decisione adeguata. «Dimettersi equivale a sottrarsi alle proprie responsabilità. È vergognoso fuggire davanti alle proprie responsabilità».

Dovrà stabilirle l'inchiesta sulla tragedia di Beirut, che ieri è stata trasferita alla Corte di giustizia, già responsabile dell'indagine sull'uccisione dell'ex presidente Bachir Gemayel.

Ma secondo Samir Geagea leader del partito cristiano maronita le Forze libanesi «le dimissioni del governo non cambiano nulla, perché qualsiasi nuovo governo sarà simile all'attuale governo e ai suoi predecessori».

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