A prescindere dal presunto rischio di bolla speculativa, il consiglio è avere almeno un terzo del proprio portafoglio espresso in valute estere, sommando azioni, bond e strumenti monetari. Chi teme lo scoppio della bolla, dovrebbe poi portare tale quota fino al 45-50%, privilegiando franchi svizzeri, renminbi cinesi, corone svedesi e dollari Usa. Meglio, invece, evitare le valute dei Paesi emergenti, che sono esposte, oltre che al contraccolpo derivante dal pericolo bolla, anche al rischio del rialzo dei tassi statunitensi. Il loro debito estero è infatti espresso nella divisa americana: se i tassi del biglietto verde salgono, questi Paesi dovranno pagare più interessi, con la conseguenza di diventare meno « affidabili» agli occhi degli analisti, e di innescare la discesa dei propri bond governativi.
Il dollaro, per alcuni esperti, è peraltro destinato a un movimento circolatorio, rispetto all'euro, tra 1,12 e 1,04 e viceversa; almeno fino all'aumento dei tassi da parte della Federal Reserve americana. Il rialzo potrebbe avvenire tra giugno e dicembre, nelle settimane successive il biglietto verde potrebbe portarsi anche a 0,96 rispetto all'euro (il 15% più delle attuali quotazioni). La sterlina, dal canto suo, merita maggiore interesse dopo le elezioni della scorsa settimana. Una certa attrattiva la esercitano pure il dollaro australiano, che paga una discreta cedola, e il dollaro canadese che, secondo gli analisti, potrebbe apprezzarsi del 3% sull'euro nei prossimi 12 mesi. Tornando alle scelte valutarie, il portafoglio potrebbe beneficiare tra l'1 e il 2% di rendimento aggiuntivo in condizioni normali e fino al 5% in più se la bolla scoppiasse.
Ci sono però alcune incognite: una crescita economica europea oltre le attese, un pil Usa inferiore al 2% eun'inflazione che risale in modo marcato. In questo caso, un portafoglio così costruito potrebbe perdere il 2-3 per cento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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