Quel vino speciale fatto da un'Astemia Pentita

Sandra Vezza ora è diventata una produttrice enologica, ma prima era nemica dell'alcol

Quel vino speciale fatto da un'Astemia Pentita

Essere pop a Barolo - territorio contegnoso e identitario dove nascono i più austeri vini italiani - non è la cosa più semplice. Esserlo da viticoltore è quasi impossibile. Però Sandra Vezza ha accettato la sfida. Del resto lei è talmente anomala in questa terra che di vivo vive da essere astemia. Anzi, da esserlo stato. Perché ora si dichiara «astemia pentita». E così ha chiamato la sua cantina (L''Astemia Pentita, con due apostrofi a rendere tutto più surreale) che rappresenta un graffio quasi punk nel territorio dichiarato nel 2014 patrimonio mondiale dell'Unesco con la Langa-Roero e il Monferrato.

La cantina sta suscitando più di un mugugno in un territorio dove da sempre - anche nell'interpretazione dell'enfant du pays, il Barolo - tradizionalisti e innovatori combattono senza esclusione di tappi. L'architettura infatti non è di quelle destinate a passare inosservate: due grandi volumi sovrapposti e leggermente asimmetrici, a mimare due casse di vino (e infatti il rivestimento è di legno), che dialogano con il paesaggio delle colline delle Langhe senza chiusure né recinzioni. L'insegna è visibile e graficamente assai contemporanea. L'interno - progettato dalla stessa Sandra - è arricchito da molti materiali naturali, come la rafia usata per avvolgere le bottiglie, la corda naturale frequente nelle vigne e la ghiaia, e da dipinti murali realizzati da artisti locali, che sono una sorta di grande tromp-l'öeil che dà a chi sta dentro l'impressione di trovarsi in una cassa di vino nel momento in cui una mano estrae una bottiglia. Molti pezzi iconici di grandi aziende del design made in Italy rendono la cantina una specie di museo a bottiglia aperta, come gli espositori pensati appositamente per l''Astemia pentita. Ma il cuore dell'azienda è nella cantina ipogea, dove si svolgono tutte le tradizionali fasi di lavorazione dell'uva.

Già. E il vino? La cantina è affidata all'enologo Mauro Daniele, affiancato dal grande Donato Lanati come consulente. Dieci le etichette prodotte, tutti i classici del territorio, dai vari Barolo (spicca il Cannubi Riserva 2011) al Dolcetto d'Alba, dal Nebbiolo al Barbera fino ai bianchi insoliti, da uve autoctone quasi dimenticate come il Nascetta o da sofisticati internazionali come il Riesling. Le bottiglie non potevano essere tradizionali: tutte molto iconiche, con quattro piccole etichette in fila l'una sopra l'altra, alcune lo sono di più e rappresentano uomini e donne elegantemente vestiti, a enfatizzare lo stretto legame tra l'uomo e il vino.

Sandra Vezza è un'imprenditrice langarola partita dalla fabbrica di gelatine alimentari fondata dal marito e

approdata all'acquisizione di Gufram, un trasgressivo marchio del design italiano. Infine il vino, affrontato con il piglio spiritoso e iconoclasta riservato agli altri ambiti. Il mondo del vino italiano in fondo ne ha bisogno.

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