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Il virus in Baviera, a Parigi è allarme. La Farnesina: "Rimpatri difficili"

Contagio da un uomo senza sintomi e un paziente grave. L'Italia: serve l'ok di Pechino

Il virus in Baviera, a Parigi è allarme. La Farnesina: "Rimpatri difficili"

La Germania si aggiunge alla lista dei Paesi in cui sono stati registrati casi verificati della polmonite virale trasmessa dal coronavirus 2019-nCoV. Le autorità tedesche confermano che una persona è stata ricoverata in Baviera, mentre è in fase di accertamenti un secondo caso denunciato nella capitale Berlino. Preoccupa, in particolare, il fatto che la malattia sarebbe stata trasmessa da una persona che non aveva sintomi evidenti, il che conferma la veridicità di uno degli aspetti più insidiosi di questo contagio: la difficoltà a individuare il pericolo prima che sia diventato evidente. Purtroppo le previsioni di un verificarsi di casi anche in Europa si vanno giorno dopo giorno avverando. Quarto caso di infezione da nuovo coronavirus in Francia. Si tratta di una persona anziana, un turista cinese, ora ricoverato in ospedale «in condizioni cliniche gravi». Anche in Italia, dove al momento non si registrano casi, vengono prese precauzioni per prevenire il contagio da parte di viaggiatori provenienti dalla Cina. Il ministero della Salute ha stabilito che i voli privati in arrivo da quel Paese dovranno atterrare negli scali sanitari. Questo significa, nel caso di Roma, che i voli destinati a Ciampino saranno dirottati verso lo scalo sanitario di Fiumicino, ma più in generale l'obiettivo è estendere la stessa misura a tutti gli aeroporti italiani, consentendo ai voli dalla Cina di atterrare solo a Roma-Fiumicino e a Milano-Malpensa. L'Unione Europea pare intenzionata a organizzare un ponte aereo per rimpatriare circa 350 persone. Piano che sta ancora aspettando l'autorizzazione di Pechino che per ora prende tempo. Anche la Russia ha chiuso tre valichi al confine. Negli Usa la Casa Bianca sta valutando l'imposizione di restrizioni sui viaggi da e verso la Cina.

Il progredire del contagio, logicamente, è molto più rapido in Cina che nel resto del mondo, e in particolare si assiste a un'accelerazione della diffusione a Wuhan e nella circostante provincia dello Hubei, dove il coronavirus ha fatto la sua comparsa in circostanze ancora non ben chiarite il mese scorso. Solo ieri il numero degli ammalati, secondo le cifre ufficiali fornite dalle autorità di Pechino, è quasi raddoppiato rispetto al giorno precedente, superando la cifra di 4.000, mentre i morti sono arrivati a 107, il che confermerebbe al momento un tasso di mortalità attorno al 4%, che non è altissimo in quanto paragonabile a quello dei classici virus influenzali, che ogni inverno mietono vittime tra gli anziani e le persone già indebolite da altre patologie. Molto più serie, però, sono le condizioni in cui versano molti dei malati: in Cina quelle del 16% dei ricoverati sono definite «gravi», e la metà di queste persone ha bisogno di ricorrere alla respirazione artificiale per sopravvivere.

Mentre le megalopoli cinesi come Shanghai (28 milioni di abitanti), Pechino (20 milioni), Wuhan (11 milioni) e molte altre continuano a mostrare lo spettacolo spettrale delle loro grandi arterie stradali vuote, con poche frettolose persone che escono di casa solo per fare acquisiti con la mascherina protettiva sul viso, il governo continua a prendere misure di emergenza per limitare assembramenti e contagi. L'ultima riguarda gli studenti: dopo che le festività per il Capodanno lunare cinese sono state prolungate fino a lunedì prossimo, l'avvio del secondo semestre in scuole e università è stato rimandato fino a nuovo avviso.

E mentre Hong Kong ha deciso la chiusura precauzionale della frontiera terrestre con la Repubblica Popolare, il presidente Xi Jinping, ricevendo il numero uno dell'Oms, ha promesso massima trasparenza sugli sviluppi dell'epidemia, dopo che diversi scienziati hanno espresso dubbi sulla credibilità delle cifre sul contagio diffuse da Pechino.

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