Se lo conosci, lo eviti. Se lo conosci, non ti uccide, recitava una vecchia campagna sull'Hiv. Ora il nuovo nemico è il coronavirus e i Paesi europei, dopo aver guardato l'Italia dalla finestra, scoprono che il rischio non è più solo vicino, ma in casa. I numeri di Parigi, Berlino e Madrid assomigliano sempre più a quelli italiani di fine febbraio, quando il nostro Paese ha cominciato a fare i conti con l'epidemia. Le curve dimostrano che Francia, Spagna e Germania si trovano al punto in cui era l'Italia 9-10 giorni fa. Seguono Regno Unito e Stati Uniti, a circa 13-16 giorni dal boom di contagi italiano. A confrontare i dati è Silvia Merler, ricercatrice specializzata in Politica economica europea, che guida gli studi del think tank britannico Algebris Policy, e non è ottimista: «In Italia abbiamo aspettato troppo. Questi Paesi dovrebbero seriamente cominciare a implementare misure contenitive aggressive subito».
Quel che sta accadendo è che in Europa ci si muove in ordine sparso. Ogni governo con un approccio diverso, anche se fin qui a unirli è la cautela, la speranza che non si arrivi all'emergenza italiana, e la preoccupazione di limitare ripercussioni economiche ed evitare psicosi.
Macron parlerà oggi alla nazione in tv per rassicurare i francesi. E ci si chiede quando deciderà di proclamare l'ingresso nella fase tre, quella di epidemia sull'intero territorio nazionale. I casi in Francia sono 2281, i decessi 48, dopo la più forte impennata in 24 ore e 86 persone in rianimazione. In Spagna 2.152 casi positivi, metà dei quali nella Comunidad di Madrid, dove le scuole sono chiuse e si contano 31delle 50 vittime totali. L'emergenza durerà fra i tre e i cinque mesi, spiega il centro di coordinamento per le emergenze sanitarie. Altro fronte caldo: la Germania, che conta 1850 contagiati e 3 vittime (ma qui entra in campo la discrepanza di rilevazioni dei decessi fra Paesi). Angela Merkel pensa a un possibile allentamento del pareggio di bilancio e avverte: «Il virus è arrivato in Europa, il 60-70% della popolazione potrebbe essere contagiata. Siamo all'inizio di un'evoluzione che non possiamo prevedere». La cancelliera invita i cittadini a guardarsi e sorridere per sostituire la stretta di mano. Berlino, che pure può contare su 28mila posti letto in terapia intensiva, ha invitato i Land a vietare le manifestazioni con più di mille spettatori ma non tutte le regioni hanno aderito. Mercoledì, la prima partita di Bundesliga con l'Italia, si giocherà a porte chiuse.
Il premier inglese Johnson, ospite in tv dove stringe la mano al conduttore, riferisce che gli epidemiologi consultati dal governo non considerano efficaci, per ora, misure come la chiusura delle scuole o lo stop ai grandi eventi di gruppo. Londra stanzia 30 miliardi di sterline per il coronavirus ma non ferma la Premier League e decide che non ci saranno aggiornamenti quotidiani sulle località in cui sono rilevati i contagi, ormai a quota 458, dei quali 387 in Inghilterra. A rischio i colloqui di mercoledì prossimo tra la delegazione europea e quella britannica sulla Brexit. Il premier è sotto osservazione. Secondo i più critici, la risposta prevista in quattro fasi dal governo contenere, ritardare, ricercare e mitigare è ferma al punto due: ritardare l'evidenza di un problema che prima o poi, con gli aeroporti inglesi che girano a pieno regime, sarà difficile da affrontare.
Johnson fa sapere che non si sottoporrà al tampone dopo un incontro con la sottosegretaria alla Salute Nadine Dorries, risultata positiva al Covid-19. «Senza sintomi, inon serve» è la linea di BoJo. Ma dopo la sanificazione degli uffici del viceministro, il Parlamento già si prepara a sedute a numero chiuso. Per ora nessun piano di sospensione. Per ora.
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