La ripresa c'è, ma è «da consolidare». Per sostenerla servono «investimenti pubblici mirati», «un'ulteriore riduzione del cuneo fiscale» che grava sul lavoro poi «sostegno ai redditi dei meno abbienti, particolarmente colpiti dalla crisi».
Vincenzo Visco dedica una buona parte delle «Considerazioni finali» allo stato dell'Italia e alle ricette per la ripresa. Quella di ieri è stata la prima assemblea del nuovo corso della Banca d'Italia e il tradizionale discorso del governatore ne è stato il riflesso. Meno banche (i «partecipanti», quindi gli azionisti hanno già sentito il governatore a fine aprile) e più nodi dell'economia reale. Sotto la lente, il giudizio di palazzo Koch sul governo. E il bilancio è prudentemente positivo.
Nel 2015 «l'economia italiana è tornata a crescere per la prima volta» dall'esplosione della crisi del debito. Sono ancora lontani i livelli di crescita pre-crisi. Ma ci «sono chiari segnali positivi, soprattutto per la domanda interna». Vengono dall'industria manifatturiera, più timidamente da servizi e costruzioni. Comunque, ha sottolineato Visco, «le misure di sostegno al reddito varate dal governo si stanno riflettendo favorevolmente sui consumi». Un riferimento preciso al bonus da 80 euro, promosso a pieni voti anche nella relazione (il documento più dettagliato). Bene anche il mercato del lavoro, con la domanda che «è tornata a crescere a un ritmo superiore alle attese di un anno fa», includendo «settori e categorie» prima esclusi. Merito del Jobs act e degli sgravi contributivi, i cui effetti in realtà sono stati messi in discussione proprio in questi giorni. Visco si limita a sottolineare che «la disoccupazione resta però troppo alta».
I segnali di ripresa non sono tutti merito del governo. Se non ci fossero state le misure di politica monetaria della Banca centrale europea di Mario Draghi il Pil dell'area euro sarebbe stato più basso «di circa mezzo punto percentuale nel triennio 2015-2017». Ma «per l'Italia gli effetti stimati sono più pronunciati». Quindi il governatore riconosce che gran parte della crescita degli anni di Renzi premier, è merito di Francoforte.
Il messaggio del governatore è che «si deve e si può fare di più». In Italia «i margini inutilizzati di capacità produttiva e di forza lavoro sono più ampi che in altre economie avanzate». Servono, appunto, investimenti «anche in infrastrutture immateriali». Riduzione del costo del lavoro e sostegno ai redditi bassi. Margini di bilancio sono scarsi, ma «è comunque possibile programmare l'attuazione di questi interventi su un orizzonte temporale più ampio». Il programma illustrato da Visco è preciso, ma non è molto diverso dall'agenda già allo studio di Palazzo Chigi.
Qualche indicazione inconsueta per Bankitalia, come quella a puntare sull'attività edilizia, che andrebbe incentivata puntando sulle ristrutturazioni e sulla «prevenzione dal rischio idrogeologico». C'è poi il tradizionale richiamo sulla dimensione delle nostre imprese. Troppo piccole, quelle con meno di 50 dipendenti hanno avuto più difficoltà a superare la crisi. Poi il debito pubblico. Viste le difficoltà nel 2016, per centrare gli obiettivi nel 2017 è necessario «uno stretto controllo dei conti pubblici e la realizzazione del programma di privatizzazioni».
Molto corposo il capitolo Europeo. Otre il capitolo banche, con la richiesta di rivedere le regole del bail in, Visco parla della difficoltà a realizzare i necessari passi per la costruzione europea.
Con l'opinione pubblica che vede sempre più l'Ue «come parte del problema, sempre meno come la soluzione». Considerazioni più politiche, che d'ora in poi potrebbero diventare la cifra di tutte le considerazioni finali.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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