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"Vittime dei poteri forti". E la Boschi accerchiata la butta in barzelletta

Il ministro usa una frase fatta per difendersi ma l'effetto è comico. Persino Renzi prende le distanze: "Io non credo ai complotti..."

"Vittime dei poteri forti". E la Boschi accerchiata la butta in barzelletta

Roma - Ci sono frasi che impregnano di sé intere stagioni della politica. C'è stato il tempo delle «convergenze parallele» e del «Cencelli», ora i politici «ci mettono la faccia» e sono vittime «dei poteri forti». Posto che le frasi fatte abusate perdono il loro potere espressivo, sarebbe opportuno comunque che chi le usa possieda i requisiti minimi per poterlo fare. Leggere in una mega intervista sul giornale della Fiat (la Stampa) Maria Elena Boschi denunciare che «ci attaccano i poteri proprio perché non siamo schiavi dei poteri forti» fa pensare al califfo Al Baghdadi che rivendica il Nobel per la pace. Perfino Renzi, che in passato aveva rivendicato la sua autonomia («I poteri forti? Io governo senza consultarli») non se l'è sentita di avallare la strampalata tesi. A In Mezz'Ora su RaiTre, il premier la liquida con una battuta: «Io non credo ai complotti dai tempi di Aldo Biscardi».Ma quali sarebbero poi i poteri forti nemici del governo Renzi? Non la Fiat evidentemente, visto che Marchionne ha detto che «in Italia io voterei Renzi» e il premier due giorni fa ha ricambiato dicendo che «ha fatto più Marchionne per i lavoratori che certi sindacalisti». Non parliamo di Carlo De Benedetti che, con la potenza di fuoco del Gruppo Espresso, è da sempre sponsor dell'uomo di Rignano. Per non parlare di Francesco Gaetano Caltagirone, uno degli uomini più ricchi d'Italia, tra costruzioni, energia ed editoria, che fustiga così Renzi: «È dotato poi di grande energia e di un forte desiderio di risolvere i problemi».E poi ci sono le banche. E non solo quelle etrusche con cui Renzi e Boschi hanno «familiarità». C'è il tifo di singoli top manager, vedi l'ad di Unicredit Federico Ghizzoni che spalleggiò Renzi così: «La sua credibilità non è in discussione né in Europa né in Germania. Di ciò ho prove quotidiane», ma non solo: in generale il governo ha curato con attenzione gli interessi del settore. Per il famoso decreto salva banche, il governo ha interloquito più con l'Abi che con Bankitalia e Consob.Anche nel mondo del lavoro il primo ministro toscano si è chiaramente collocato più vicino a Confindustria che ai sindacati. E infatti i resoconti dell'ultima assemblea dell'associazione degli industriali sono infarciti di lodi per il governo, spalleggiato anche quando va in Europa a chiedere di poter fare più deficit. E del resto i sindacati sono sulla difensiva ma non mordono davvero il premier di sinistra.Chi è allergico al giglio magico? Non il mondo dell'informazione: Corriere, Sole24Ore, Repubblica e Stampa sono tutti allineati e coperti. Non la Rai, appena occupata militarmente da truppe renziane. E non le forze dell'ordine, messe in riga con raffiche di nomine ai vertici. Rapporti che Renzi ha sempre curato, come dimostra l'intercettazione dell'amichevole telefonata con il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi. Resta la magistratura, che ovviamente è meno monolitica. Sta di fatto che Renzi riuscì a ottenere la famigerata tregua per Expo e che gli affari di famiglia suoi e della Boschi non si siano certo scontrati con una magistratura toscana particolarmente aggressiva.Il premier però almeno «ci mette la faccia» e ammette che l'emendamento petrolifero è opera sua. Maria Elena Boschi invece ci sta sempre più abituando a uno stile elusivo. Etruria? «Alle riunioni decisive non c'ero». Il compagno del ministro Guidi? «Non sapevo dei suoi interessi». Una linea che contrasta con i tanti racconti di chi la descrive presenzialista e accentratrice, una che vaglia ogni provvedimento.

Eppure quando è in difficoltà la madrina del governo si trasforma in un'altra figura retorica alla moda in politica: il ministro a sua insaputa.

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