La vittoria di Pirro nel deserto del voto

"Una vittoria trionfale, che però celebriamo senza trionfalismi". Enrico Letta gongola così, ma c'è poco da festeggiare

La vittoria di Pirro nel deserto del voto

"Una vittoria trionfale, che però celebriamo senza trionfalismi". Enrico Letta gongola così, sciorinando un'asserzione che sembra più un festeggiamento dimezzato che un'analisi elettorale. "È un risultato che va al di là di ogni più rosea aspettativa". Il segretario dem poi aggiusta il tiro. E ha ragione. Perché probabilmente su un successo del genere non avrebbe scommesso nemmeno lui. Eppure è successo. Chapeau. Ma i motivi della vittoria risiedono più nei demeriti degli avversari e nel contesto socio-elettorale che nelle qualità della squadra piddina. Pure lo stesso Letta ne è consapevole. Uno di questi motivi è la scarsissima affluenza elettorale: il dato è al 43,93% rispetto al 52,67% del primo turno. Ha votato soltanto la metà circa dell’elettorato e di questa metà il 60% ha votato Pd (solo al Municipio 6, quello di Tor Bella Monaca, Michetti ha preso più preferenze di Gualtieri). Non proprio una platea gigantesca. Anzi. L'astensionismo è un incubo con cui tutti i partiti dovrebbero fare i conti.

Un altro motivo è l'errore del centrodestra nelle candidature. Ha pesato la mancanza di unità e la scelta di candidati poco conosciuti su cui si è puntato poco. La sconfitta del M5S poi non fa dormire sonni tranquilli al leader dem e azzoppa i suoi sogni di alleanza allargata per smacchiare il centrodestra alle prossime politiche.

E aleggia sempre lo spettro delle amministrative del 1993 quando la sinistra fece l'en plein e l'anno seguente venne sconfitta clamorosamente dall'esordiente Silvio Berlusconi. Insomma, per Letta c'è giusto il tempo di un brindisi. Il tempo degli allori deve ancora venire.

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