"Vivi troppo all'occidentale" E frustano la figlia di 15 anni

Tolta la patria potestà alla famiglia. La mamma: «Indossava abiti contrari alle tradizioni marocchine»

"Vivi troppo all'occidentale" E frustano la figlia di 15 anni

Due casi simili in pochi giorni. Prima la 14enne di Bologna sottratta dal Tribunale dei minori ai genitori musulmani che le avevano rapato a zero i capelli: la colpa della ragazzina? Rifiutarsi di indossare il velo.

Ora stesso provvedimento da parte dei giudici minorili nei confronti di un padre e una madre islamici, responsabili di violenze fisiche nei confronti della figlia 15enne, «rea» di «vivere troppo all'occidentale».

La religione come imposizione, la fede come «alibi» per prevaricare le altrui libertà. Da una parte, adolescenti ritenute «ribelli» solo perché sorprese ad inseguire un sogno innocente: sentirsi uguali ai propri coetanei; dall'altra parte, famiglie che, in nome di Allah e Maometto, alla diversità del fanatismo non sanno - e non vogliono - rinunciare. Anche a costo di usare le maniere forti.

Il tribunale dei minori di Milano ha deciso infatti di togliere temporaneamente ad una famiglia marocchina di Pavia la figlia di 15 anni (nata in Italia), già affidata a una comunità dopo i maltrattamenti subiti in famiglia.

A motivare la decisione è stata la denuncia che la minore ha presentato il 16 febbraio scorso alla polizia. Poco prima, , la ragazzina era stata ricoverata al pronto soccorso del San Matteo con lividi ed escoriazioni ed era stata dimessa con una prognosi di 31 giorni per «contusioni multiple».

Secondo la denuncia della vittima, infatti, genitori e fratello l'avrebbero «frustata, colpita a cinghiate e con un cavo di un computer per il suo stile di vita troppo all'occidentale, lontano dagli usi e dalle tradizioni marocchine e contrari alla fede islamica».

Le violenze sarebbero andate avanti a lungo e in un'altra occasione la 15enne sarebbe stata «colpita con una scopa da suo fratello», sempre per lo stesso motivo.

La famiglia, però, si è difesa, spiegando di essere «intervenuta con severità soltanto perché la ragazza non voleva più andare a scuola, si ritirava tardi e si vestiva in modo eccessivo». Al momento, la minore si trova in una comunità protetta e a carico dei genitori e del fratello è stata avviata un'indagine.

«Il comportamento di quei genitori ha radici precise: nasce da un modo molto diverso rispetto alla cultura occidentale di concepire l'educazione dei figli. Certo, hanno esagerato - ha spiegato alla Provincia Pavese Naima Mouhachim, mediatrice culturale di origine marocchina -. Intravedo nella vicenda dei genitori finiti sotto accusa per maltrattamenti, i tratti di una certa tradizione. In realtà la questione è più religiosa che culturale. Questi casi esplodono nell'adolescenza non a caso: è l'età più delicata per i ragazzi, in cui comincia a essere più evidente il divario generazionale e culturale con i genitori.

Stiamo parlando, spesso, di ragazzi nati in Italia, che cercano di prendere le distanze dalle tradizioni dei paesi di origine dei genitori. In Marocco non si parla nemmeno di violenza domestica: lo schiaffo al figlio o la punizione, anche dura, non è punita».

E così l'integrazione resta una chimera.

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