"Voglio mediare tra Usa e Iran: riprendiamo i colloqui a Roma"

Il ministro degli Esteri cerca di parlare con l'omologo di Teheran dopo Rubio

"Voglio mediare tra Usa e Iran: riprendiamo i colloqui a Roma"
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da Roma

"Iraniani e americani devono tornare a sedersi allo stesso tavolo, senza intermediari. E vorremmo che le trattative sul nucleare riprendessero a Roma, come è già avvenuto due volte". In serata incontriamo alla Farnesina Antonio Tajani, che ha sul viso i segni di una "domenica lunga, lunghissima", iniziata all'alba con la telefonata dell'ambasciatore Francesco Genuardi, suo capo di gabinetto, che l'avvisava dell'attacco Usa sull'Iran. Il ministro degli Esteri era a Gubbio per la chiusura della tre-giorni dell'Accademia di formazione di Forza Italia e da allora è iniziata una lunga serie di telefonate con ambasciatori e consiglieri, di riunioni a cominciare da quella di governo alle 10 con la premier Meloni, i ministri Salvini, Crosetto, Piantedosi, i sottosegretari Mantovano e Fazzolari e i servizi segreti, poi finora alla Farnesina all'Unità di crisi, in collegamento con una ventina di ambasciatori dell'area in cui 50 mila italiani di cui 20 mila in Israele si sentono in pericolo.

Nella sala della Vittoria del ministero degli Esteri, accanto al bronzo alato che la ritrae, Tajani parla di pace e di mediazione diplomatica nel momento più difficile: "Non faccio l'aruspice, tutto può succedere, ma gli Usa dicono che non ci saranno altri raid e io devo fidarmi. Ho parlato con il segretario di Stato americano Rubio per dire che bisogna riprendere il colloquio diretto e ho cercato il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi, che però era in volo per Mosca, per dirgli lo stesso. Lavoriamo per impedire un'escalation, non a caso abbiamo lasciato aperta la nostra ambasciata a Teheran, stiamo facendo ogni sforzo per convincere l'Iran a non decidere azioni inconsulte, come attaccare ambasciate americane. La nostra speranza è nella diplomazia".

Appena informato dell'attacco americano il vicepremier racconta di aver subito chiamato l'ambasciatrice a Teheran Paola Amadei. "Per fortuna mi ha detto che non avevamo avuto danni e mi sono tranquillizzato. L'emergenza, in questo momento, sono gli italiani che stiamo aiutando a lasciare la capitale iraniana, meno di un centinaio, sulla strada verde che abbiamo aperto verso Baku, in Azerbaigian. E quelli che fuggono da Tel Aviv e Gerusalemme, un convoglio di 122 nostri connazionali, cui si sono aggiunti due diplomatici equadoregni, sta superando la frontiera egiziana a Taba per imbarcarsi a Sharm El Sheik su un charter che abbiamo organizzato a pagamento, perché non è un'evacuazione".

Ma l'Italia è stata coinvolta in qualche modo nell'attacco ai siti nucleari in Iran, gli americani hanno chiesto l'uso delle basi sul nostro territorio? "No", risponde netto Tajani. Conferma anche che il nostro Paese non è stato avvertito in anticipo della decisione di Donald Trump, come sarebbe successo con Londra e Berlino. Nessuno è più europeista di Tajani, ex presidente dell'europarlamento, eppure lui allarga le braccia e scuote la testa quando gli chiediamo dell'Europa che non riesce a far sentire la sua voce. "Finché parleranno i singoli Stati e non ci sarà una politica estera e di difesa comuni, l'Europa non riuscirà a pesare sul piano internazionale. Sono discorsi che facciamo da sempre e anche altre crisi hanno dimostrato che serve un salto di qualità, per contare di più nel mondo e non muoversi per i propri interessi ma per un interesse europeo collettivo, come ha fatto Meloni con Trump sui dazi".

Prossime mosse? "Domani (oggi,ndr) sarò a Bruxelles per l'incontro dei ministri degli Esteri Ue e si parlerà di Iran, Gaza Ucraina. E mercoledì andrò al summit Nato all'Aja, anche lì ci confronteremo per trovare una linea comune. Dobbiamo fare pressioni per un cessate il fuoco e a Gaza ci eravamo vicini, Herzog mi ha detto che aspettavano la risposta di Hamas, che deve rilasciare tutti gli ostaggi. Ma gli Usa sono gli unici che possono convincere Netanyau a fermarsi e Hamas non può mantenere la leadership in Palestina".

Le preoccupazioni anche economiche per l'allargamento del conflitto mediorientale riguardano soprattutto la minaccia dell'Iran di chiudere lo stretto di Hormuz, importantissimo per i traffici marittimi. "Secondo la nostra valutazione per l'Iran non sarebbe vantaggioso chiudere Hormuz, addirittura sarebbe autolesionista.

Anche per la Cina i danni sarebbero enormi e al di là delle posizioni politiche di Pechino che ha condannato l'attacco americano, non mi sembra ci sia volontà di intervenire. Certo noi valutiamo tutte le ipotesi, il rischio c'è e in questo momento tutto può accadere, ma dobbiamo lavorare tutti per abbassare il livello di scontro".

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