Voleva violentarla. Una donna uccisa da un nigeriano (con precedenti)

Stava andando a casa dell'anziana madre attraversando un parco pubblico della sua città, Rovereto, in provincia di Trento, quando è stata aggredita da un senza fissa dimora di origini nigeriane

Voleva violentarla. Una donna uccisa da un nigeriano (con precedenti)
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Stava andando a casa dell'anziana madre attraversando un parco pubblico della sua città, Rovereto, in provincia di Trento, quando è stata aggredita da un senza fissa dimora di origini nigeriane sui quarant'anni che si è accanito su di lei con ferocia, probabilmente nel tentativo di violentarla. La donna, Iris Setti, 61 anni, è morta nella notte all'ospedale Santa Chiara di Trento, per la gravità dei traumi subiti.

Una tragedia che forse si sarebbe potuta evitare quella avvenuta verso le 22,30 di sabato sera nel parco Nikolajevka, nel quartiere di Santa Maria, a ridosso del centro storico e vicino al torrente Leno, perché l'uomo - come ricorda il sindaco della città, Francesco Valduga - era noto alle forze dell'ordine. Lo scorso anno, infatti, si era reso responsabile di danneggiamenti in una via della città, assalendo delle persone e camminando sulle auto. Aveva anche aggredito gli uomini delle forze dell'ordine intervenuti per fermarlo. Due sere fa ha di nuovo dato sfogo ai suoi impulsi violenti, con una ferocia che non ha lasciato scampo alla malcapitata: prima ha cercato di abusare di lei, poi l'ha presa a calci e pugni. Potrebbe aver utilizzato anche un sasso, ma la dinamica del fatto deve ancora essere stabilita con esattezza. Da chiarire se l'incontro tra i due sia stato casuale o se si conoscevano, se davvero l'obiettivo era quello di abusare della 61enne o se invece si è trattato di una rapina poi degenerata. Sono stati gli inquilini di un palazzo che si affaccia sul parco a sentire le urla della donna e a dare l'allarme. Dalle finestre hanno assistito a parte dell'aggressione. Hanno visto l'uomo scaraventare a terra e picchiare Iris Setti in mezzo al sentiero che attraversa il parco: la vittima era a terra, con i pantaloni abbassati a mezza gamba, e lui sopra a cavalcioni che la colpiva al volto e in altre parti del corpo, a quanto pare anche con un oggetto contundente. All'arrivo di polizia e carabinieri l'uomo ha cercato di scappare, ma è stato fermato dopo una brevissima fuga lungo la vicina via Maioliche. Era in stato confusionale e per bloccarlo i militari hanno dovuto usare il taser. Il senzatetto è stato arrestato con l'accusa di omicidio volontario su disposizione della Procura di Rovereto. La donna invece è stata portata in ospedale, ma i medici hanno subito capito che le lesioni riportate erano gravissime e che non avrebbe superato la notte.

L'uomo non è nuovo ad azioni violente. Aveva precedenti per danneggiamento e lesioni. Un anno fa, sempre ad agosto, aveva seminato il panico in una via di Rovereto, dove si aggirava con fare aggressivo terrorizzando i passanti e colpendo le auto in sosta. Era anche entrato in un locale brandendo il collo di una bottiglia rotta. All'arrivo dei carabinieri non si era placato, aveva danneggiato la loro auto e preso a testate altre vetture, tentando poi di aggredire un ciclista che per evitare il peggio era fuggito. Insomma, per il sindaco (e non solo) ci sarebbero stati gli estremi per evitare la morte della donna. «Siamo provati per il dolore infinito che una tragedia come questa provoca, ma allo stesso tempo vogliamo capire cosa non ha funzionato», dice Valduga. Il primo cittadino è arrivato sul luogo dell'aggressione pochi minuti dopo, avvisato mentre si trovava a poca distanza per la tradizionale cena di condivisione in centro storico per le celebrazioni della patrona della città. «Io non voglio accusare nessuno - prosegue - il dolore della comunità è profondissimo. Ma, allo stesso tempo, abbiamo bisogno di capire. Di fare domande alle quali devono essere date risposte, cioè che cosa in un sistema non funziona. L'altra volta l'aggressore era stato immobilizzato in pieno giorno e si era riusciti a contenerne la furia.

Quindi non possiamo immaginare che ci si limiti ad esprimere il dolore: c'era stato un precedente che dobbiamo capire se poteva evitarci quanto accaduto. Qui non c'entra il luogo in cui è successo o l'ora, ma lo stato di questa persona, che era conosciuta».

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