Oggi, per la prima volta sarà eletta una presidente alla guida del Paese. Claudia Sheinbaum e Xochitl Galvez sono infatti in netto vantaggio nei sondaggi. Il primo maschio, Jorge Alvarez Maynez, è terzo, con appena il 10% delle intenzioni di voto. Già questo rende il voto di oggi storico visto che nel 2023 i femminicidi sono stati oltre 3.000 nel Paese del tequila, dove patriarcato e machismo permeano ancora tutti settori della società. Un paradosso, visto che il Messico è stato il primo paese al mondo a includere il femminicidio, nonostante l'impunità per chi uccide donne che supera ancora il 98% secondo i dati di Justice for Women, come 20 anni fa.
Sheinbaum, la delfina del presidente uscente Andrés Manuel López Obrador (AMLO), è la grande favorita. Per tutta la campagna elettorale, questa 61enne, si è presentata come la candidata della continuità, promettendo di proseguire la «quarta trasformazione» di AMLO (dopo l'indipendenza, la rivoluzione e la riforma per la separazione tra Stato e Chiesa), ovvero la 4T come la chiamano tutti, che Xochitl Galvez vuole invece pensionare. Per Claudia, Lopez Obrador è «il miglior presidente del Messico».
Di tutt'altro avviso Xóchitl Gálvez, imprenditrice indigena prestata alla politica, che è certa di aver colmato il gap con Sheinbaum al di là di quello che dicono i sondaggi. Questi ultimi assicurano infatti che la candidata di AMLO giovedì scorso aveva 12 punti di vantaggio, anche se appena una settimana prima dicevano fosse avanti di oltre il 25%. Al di là dell'attendibilità dei sondaggi messicani, nei 5 anni e mezzo di presidenza di López Obrador, con la sua politica degli «abbracci e non proiettili» di appleasement con i narcos ci sono stati 186mila omicidi e oltre 50mila desaparecidos. È soprattutto per questo che il risultato di oggi è in realtà incerto. Ciononostante, Sheinbaum ha sempre difeso la strategia di sicurezza di AMLO, forse perché gli deve tutto, avendo esordito nella politica che come portavoce della prima campagna presidenziale di López Obrador, nel 2006.
Oltre alla presidenza, oggi sono in ballo altri 20mila incarichi, mentre l'attuale suffragio è stato macchiato di sangue come mai in passato: 37 candidati sono stati infatti uccisi, assassinati oltre 100 tra parenti e collaboratori, mentre in tanti hanno deciso di ritirarsi.
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