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"Voti comprati in Puglia". Si dimette assessora dem, arrestati marito e sindaco

La scelta del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi di inviare a Bari una commissione d'accesso per valutare eventuali infiltrazioni mafiose nel Consiglio Comunale sembra sempre più sensata alla luce degli eventi

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Più che atto di guerra, atto dovuto. La scelta del ministro dell'Interno Matteo Piantedosi di inviare a Bari una commissione d'accesso per valutare eventuali infiltrazioni mafiose nel Consiglio Comunale, scelta che il sindaco Antonio Decaro ha preso molto male, sembra sempre più sensata alla luce degli eventi. Prima le suggestioni del «risveglio» di una guerra tra clan, con le sparatorie nell'hinterland del capoluogo culminate, a Pasquetta, nell'omicidio del nipote del boss Tonino Capriati, Lello. Ora l'inchiesta barese sulla corruzione elettorale in Terra di Bari.

Una compravendita di voti a prezzi variabili: 25 euro a scheda per i comuni minori (Triggiano e Grumo), 50 euro a voto per le elezioni regionali. L'indagine è sfociata ieri mattina in 10 arresti e 72 indagati, con le accuse, a vario titolo, di calunnia, corruzione propria, falso e soprattutto associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale «per la votazione del sindaco e del Consiglio comunale di Grumo Appula e per la votazione del presidente e del Consiglio regionale della Puglia».

Tra gli indagati, oltre a tanti elettori «prezzolati» e identificati grazie al database di 2mila nomi su cui la presunta associazione per delinquere poteva contare, spicca un nome eccellente. Quello di Anita Maurodinoia, esponente Pd, assessore regionale ai Trasporti nella giunta Emiliano, il cui marito Alessandro Cataldo è invece finito ai domiciliari. «Sandrino» Cataldo e la moglie sono anche gli ideatori e fondatori della lista «Sud al Centro», che convoglia preferenze al centrosinistra. Lista della quale faceva parte, al momento del suo arresto, a febbraio, anche Mari Lorusso, la consigliera comunale barese finita ai domiciliari (con il marito Giacomo Olivieri in carcere) nell'ambito dell'operazione «Codice interno», concentrata su presunti legami tra politica e mafia a Bari.

L'assessora di Michele Emiliano, indagata per corruzione elettorale e perquisita dai carabinieri, è un big dei dem pugliesi. Soprannominata «lady preferenze», portò in dote 6.234 voti per le comunali baresi del 2019 per poi sbarcare in Regione, l'anno dopo, con quasi 20mila preferenze. Ora Maurodinoia ha presentato le sue dimissioni, che l'ex magistrato divenuto governatore ha subito accettato.

Ma l'ennesima scossa che colpisce Bari smonta la minimizzazione dei problemi del capoluogo a opera di sindaco e centrosinistra, che avevano parlato di «atto di guerra» da parte di Piantedosi. Va ai domiciliari anche Antonio Donatelli, sindaco di Triggiano eletto per l'accusa con l'aiuto dei voti comprati proprio nella lista satellite del centrosinistra «Sud al Centro» (e che una nota degli inquirenti sottolinea aver deciso di asfaltare, in paese, proprio la strada dove hanno casa l'assessore Maurodinoia e il marito).

D'altra parte, l'inchiesta parte proprio da Triggiano. Tutto grazie, spiega in 376 pagine l'ordinanza del gip barese Paola De Santis, al semipentimento di un consigliere circoscrizionale barese, Armando De Francesco (ora ai domiciliari). De Francesco che, ricorda il gip, considerava Cataldo il suo «padrino», a gennaio 2021 lo tradisce, raccontando a un maresciallo della gdf che aveva il dente avvelenato con Cataldo (che lo aveva denunciato e fatto arrestare) la macchina elettoral-corruttiva di cui lui stesso aveva fatto parte, spiegando di aver visto, come «suo braccio destro», passare almeno «2000 persone che lui usa per comprarsi i voti». Il maresciallo registra tutto. E quando De Francesco, convocato in procura, si rimangia le accuse (forse perché riteneva il marito dell'assessore persona «potente ed estremamente vendicativa», come spiega nella registrazione), in procura non si fermano.

Gli indagati sono preoccupati di avere gli inquirenti alle calcagna. Peccato che quando Cataldo chiede a un suo collaboratore di sbarazzarsi del database di elettori «comprati», la conversazione viene intercettata e il pacco con i 2mila nomi recuperato dagli inquirenti nel cassonetto a San Giorgio, quartiere a Sud di Bari, dove era stato appena gettato. Quanto a De Francesco, è lui a rispolverare gli intrecci con la malavita: gli inquirenti ricostruiscono infatti la sua intermediazione per comprare i voti per conto di un candidato, Giuseppe Calisi (che nel 2011 era stato capolista della civica di Anita Maurodinoia).

E scoprono che tra gli «elettori-creditori» che si lamentano per non essere ancora stati pagati ci sono persone considerate vicine a tutti i clan che contano a Bari: Capriati, Parisi, Strisciuglio.

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