
Nonostante la pausa casalinga e la spesa in giacca a vento al supermercato di Pontassieve, Matteo Renzi si sta calando appieno nei panni - in realtà per lui nuovi - di segretario del Pd.
Ieri non era al Quirinale, dove Mattarella ha blindato il governo Gentiloni ma anche richiamato il Parlamento a fare una legge elettorale «pienamente operativa».
Stamattina invece sarà a Roma, dove ha convocato i segretari provinciali del partito. Le prime anticipazioni della sua agenda le ha date all'Assemblea nazionale di domenica scorsa: riattivare la base dei circoli in vista della mobilitazione nazionale del 21 gennaio. Con in testa l'idea di superare l'asfittico gioco di correnti e «potentati locali» e di aprire il Partito democratico al coinvolgimento di quel «popolo del Sì», quel 40 per cento, che costituisce la base elettorale renziana.
Il leader Pd vuole rimettere mano alla sua squadra di segreteria, coinvolgendo nuove energie e dirigenti di primo piano (si fanno i nomi del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini, di Piero Fassino agli Esteri, del ministro Maurizio Martina e di sindaci della nuova generazione: il reggino Giuseppe Falcomatà, il mantovano Mattia Palazzi, il sindaco di Ercolano Ciro Bonajuto oltre al pesarese Matteo Ricci). Una squadra «ampia» e «plurale», dicono al Nazareno, che possa rafforzare la maggioranza renziana nel partito. E soprattutto una squadra da battaglia, con forti collegamenti nel territorio (di qui il coinvolgimento dei sindaci) che sia in grado di affrontare una campagna elettorale più ravvicinata possibile. L'orizzonte di Renzi resta quello: aprile, massimo giugno. Sa di avere contro un vasto schieramento, intenzionato a rallentare il più possibile il voto e protetto dal Colle. Il grimaldello per accorciare i tempi è uno solo, e si chiama legge elettorale.
Ieri la commissione Affari costituzionali della Camera ha rinviato all'anno nuovo, col voto di Pd, Forza Italia e Cinque Stelle, la mozione pro Mattarellum proposta dalla Lega. Il Carroccio, che si è schierato a favore della proposta renziana di recuperare la vecchia legge semi-maggioritaria, ha subito accusato gli altri partiti di «volerla tirare in lungo per non andare al voto». Dal Pd invece spiegano che quella della Lega era «solo una mossa propagandistica» e che buttare sul tavolo il Mattarellum ora, alla vigilia della pausa natalizia, serve solo a farlo affossare dal fronte contrario. «Informo Salvini che con le mozioni non si cambia l'ordinamento italiano: è un atto inutile e pretestuoso, noi siamo per un lavoro serio», replica il capogruppo Pd Ettore Rosato.
«L'ossatura del Mattarellum è già pronta, il problema vero è costruire una maggioranza per approvarlo», dice Roberto Giachetti. E il partito renziano ha già avviato i «contatti riservati» con le altre forze politiche per capire su quali punti sia possibile costruire un'intesa. Con l'obiettivo di arrivare alla discussione parlamentare con un accordo già consolidato.
Non prima della sentenza della Corte costituzionale sull'Italicum, prevista per il 24 gennaio: un appuntamento importante per capire quali saranno gli spazi di manovra entro cui muoversi per costruire le nuove regole del voto. Quella, per Matteo Renzi, è la data di partenza di una rincorsa che deve portare al varo della nuova legge elettorale, e dopo quella alle elezioni. «Dobbiamo arrivarci pronti».