Voto segreto disinnescato dall'ultimo trucco del Pd

Con un emendamento che riscrive l'articolo 1 del ddl Boschi, la maggioranza evita le trappole disseminate dalle opposizioni. Renzi sicuro: la riforma andrà in porto

A brigante, brigante e mezzo: la guerra a colpi di trucchi e cavilli regolamentari sulla riforma del Senato è entrata ieri nel vivo a Palazzo Madama, e la maggioranza ha cominciato a rispondere colpo su colpo. Dopo la bocciatura dell'ostruzionismo colossal del leghista Roberto Calderoli resta ancora una valanga di emendamenti da votare, oltre 350mila, ma non quelli al famigerato articolo 2 che non verrà modificato se non per il comma 5 cambiato dalla Camera. E ieri, prima che iniziassero le votazioni sul primo articolo del ddl Boschi, con grande giubilo delle opposizioni il presidente Grasso ha concesso una nutrita raffica di voti segreti. Diciannove in tutto, su quel solo articolo, alimentando la speranza delle minoranze di far inciampare il governo. Nel contempo, il presidente del Senato ha dichiarato inammissibili altre centinaia di emendamenti, compreso quello soprannominato «supercanguro», firmato dal Pd Stefano Esposito, che avrebbe fatto decadere l'intero castello ostruzionistico permettendo di approvare la riforma in quattro e quattr'otto.

Mentre l'opposizione si fregava le mani, preparandosi a tentare di far cadere la maggioranza nelle trappole del voto segreto, il Pd ha messo a sorpresa sul tavolo la propria contromossa: un emendamento firmato dal renziano Roberto Cociancich, che riscrive l'articolo 1 del ddl Boschi sulla riforma costituzionale, con minime modifiche lessicali, ma capace di provocare - una volta approvato - l'automatica decadenza di tutti le altre proposte di modifica, e i relativi voti segreti. Un grimaldello regolamentare che probabilmente verrà utilizzato anche sui prossimi articoli, per scongiurare rischi futuri. Apriti cielo: una volta scoperta la mossa della maggioranza, in aula si è scatenata la bagarre. Il povero Cociancich è stato bollato con ogni sorta di epiteti: «truffatore» (Cinque Stelle); «jihadista» (Tito Di Maggio, appartenente al misterioso gruppo CoR); «attentatore della democrazia» (Calderoli, autore dei 75 milioni di emendamenti). Pronta la replica del Pd Francesco Russo: «Il Calderoli furioso prima prova a bloccare tutto con milioni di emendamenti, poi si stupisce della mossa a sorpresa che li elimina». Il capogruppo di Forza Italia Paolo Romani, più argutamente, gli ha chiesto se avrebbe raccontato la sua impresa «al prossimo raduno di boy scout» (il senatore Cociancich ne è dirigente nazionale). Quando poi ha preso la parola, in difesa del collega, il capogruppo Pd Luigi Zanda il caos è arrivato allo zenith, tra urla e applausi ironici per tentare di impedirgli di intervenire, con la senatrice grillina Lezzi che si distingueva per volume degli strilli. Tanto da far perdere la calma al solitamente flemmatico Zanda: «Da venti minuti state insultando un galantuomo colpevole solo di aver firmato un emendamento costruito esattamente come tanti emendamenti dell'opposizione», ha tuonato il capogruppo Pd. «Ve la prendete con Cociancich solo per una ragione: perché non volete la riforma. Ma noi la approveremo lo stesso». Tra lunghissimi tira e molla regolamentari e interventi a ripetizione con cui le opposizioni tentano di rallentare l'iter della riforma, si è arrivati al primo voto segreto. Per ironia della sorte, proprio su un emendamento presentato dalla minoranza Pd nel suo periodo di guerra a Renzi, e successivamente ritirato dopo la tregua firmata col premier, e fatto proprio da Forza Italia. La ritirata della fronda Pd è stata annunciata dalla senatrice bersaniana Lo Moro, che ha annunciato il suo voto contrario «perché ci sentiamo vincolati dalle posizioni del gruppo». Sulle barricate rimangono solo Corradino Mineo e l'ex pm Felice Casson. E la maggioranza ne è uscita bene: l'emendamento è stato bocciato con 171 no contro 119 sì. Intanto, dagli schermi del Tg3 andava in onda un Renzi assai sicuro di sé: «È evidente l'obiettivo dell'ostruzionismo, vogliono bloccare la riforma. Ma non ce la faranno: andrà in porto, ed è grazie alle riforme che l'Italia sta ripartendo».

di Laura Cesaretti

Roma

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