diParigi «Le tendenze non esistono più, ognuno fa quel che gli piace» dice Miuccia Prada poco prima della sfilata Miu Miu salutata da una vera e propria ovazione nella sala ipostila del Palais de Jena. «Il fatto che ci sia una pluralità di stili e non un solo diktat stilistico è una ricchezza: il bello della moda di oggi» conferma Nicolas Guesquière dopo un'epocale sfilata Louis Vuitton. Con questi due pareri tra i più autorevoli del mondo si è chiusa ieri a Parigi la stagione del prét-à- porter femminile per il prossimo inverno. All'inevitabile domanda sulla tipologia di donna che emerge dalla maratona cominciata un mese fa a New York tocca rispondere come Pirandello: una, nessuna, centomila. Di sicuro è tosta, ruba spesso e volentieri nel guardaroba di lui, ama tanto le vecchie divise militari, l'oversize e il vestire a strati ma non può fare a meno del rossetto nero da punk. Detto questo ogni designer ha la sua verità che il mercato confermerà o boccerà senza appello perché così è se vi pare (di nuovo Pirandello) anche per i grandi della moda. Certo la forza creativa di Guesquière è unica e la sfilata Vuitton senza paragoni anche per l'imponenza e la bellezza della scenografia. Si tratta infatti di una gigantesca installazione curata dall'artista Justin Morin e dallo stesso designer: 57 mastodontiche colonne dall'anima in pioppo come i bauli della maison ricoperte da un mosaico realizzato a mano con più di 200 mila frammenti di specchio. Le modelle si aggirano in questo spazio sospeso tra passato e futuro, una specie di città sommersa come la perduta Atlantide, comunicando a ogni passo una grande energia. In certe uscite è evidente il riferimento allo sportswear: pantaloni e giubbotti da biker, grossi pullover da sci con furbissimi giochi grafici sui fianchi che dimezzano otticamente la figura, gli onnipresenti anfibi incrociati con le scarpe da running. Poi arrivano delle felici reinterpretazioni dei grandi classici del guardaroba: il trench allacciato come una marsina militare, le giacche da tailleur arrotondate sui fianchi, i vestiti in seta con la stampa foulard. Quest'ultimo diventa anche collana, braccialetto o preziosa copertura delle catene che fanno da manico alle borse a bauletto, un altro pezzo immancabile del DNA di Vuitton. Molto diversa ma ugualmente piena di energia positiva, la sfilata di Miu Miu è una galleria di personaggi femminili che non han molto in comune tranne il fatto di trovarsi in un'immaginaria casa di campagna dove ci si fa belle con quello che c'è. In poche parole le ragazze (tutte le top del momento: dalle sorelle Hadid a Kendall Jenner passando per Adriana Lima e Lara Stone) rubano i boxer, la camicia e il giubbotto di jeans al fidanzato di turno per poi precipitarsi sugli arazzi Gobelins e sulle tappezzerie barocche di broccato. Con questi preziosi materiali da arredamento si fanno confezionare da una sarta che sa il fatto suo lunghe gonne, giacche ben insellate e strepitosi cappotti. A volte si accontentano del denim dei jeans con cui si fanno fare le stesse cose, oppure rimediano dei vecchi cappotti militari che fermano con una femminilissima cintura sotto il seno attaccando senza troppi complimenti dei manicotti di pelliccia ai polsi. Il tutto con divine scarpe dal tacco altissimo e sottilissimo oppure con divertenti pantofoline pelose piene di perle o di strass che insieme con le stupende borse ugualmente decorate appartengono al filone del massimalismo all'italiana di cui è capostipite Alessando Michele di Gucci. Cade così l'unico diktat lanciato da Miuccia: «divertirsi con poco».
E la meravigliosa colonna sonora che comincia e finisce con I Heard it Through the Grapevine, (il brano di Marvin Gaye che attraversa tutto Il Grande Freddo girato da Lawrence Kasdan nel 1983) conferma che i capricci della moda non sono mai innocenti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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