Economia

Wall Street sogna con Trump ma può finire in un incubo

Ancora record, con il Dow Jones sopra i 19mila punti. Rischio bolla se le misure economiche falliranno

Wall Street sogna con Trump ma può finire in un incubo

Dal film horror con venature splatter, alla love story mielosa e zuccherosa: a due settimane dall'inattesa affermazione di Donald Trump, tutti i timori dei mercati sembrano essersi dissolti. Da giorni, a Wall Street va in scena una sorta di Toro scatenato con gli indici che macinano un record dopo l'altro, incuranti del rischio di creare bolle e delle zone d'ombra che avvolgono l'ancora embrionale programma economico del presidente eletto. Dal Dow Jones, arrampicatosi ieri oltre l'Everest dei 19mila punti, allo Standard&Poor's e fino al Nasdaq è tutto un fiorire di rialzi che incamerano l'ormai metabolizzato rialzo dei tassi in dicembre da parte della Federal Reserve.

Sono due dei capisaldi della campagna elettorale del tycoon ad aver messo le ali agli indici. Da un lato, il promesso piano di rilancio infrastrutturale del valore di 1.000 miliardi di dollari; dall'altro, la sforbiciata alle tasse da 5.000 miliardi da spalmare sui prossimi 10 anni. Una partita doppia destinata ad allargare il disavanzo federale e, contestualmente, un debito già salito di 6mila miliardi, a quota 20mila miliardi, durante gli otto anni dell'amministrazione Obama. L'appesantimento delle finanze pubbliche potrebbe però essere attenuato dalla ventata inflazionistica che, almeno sulla carta, la Trumpnomics dovrebbe portare. A patto che la Fed non dia corso a una serie di strette, con effetti di freno all'economia e con un ulteriore apprezzamento del dollaro certo poco desiderabile non solo dagli Stati Uniti, ma anche da quei Paesi emergenti che stanno già pagando dazio. Sulle prossime mosse di Janet Yellen nessuno, per ora, sembra volersi fasciare la testa. Nemmeno quella Corporation America che finora ha approfittato del denaro a costo zero per lanciare buyback a ripetizione, con lo scopo di continuare a distribuire ricchi dividendi, garantire al top management lauti bonus e dare l'impressione (o l'illusione) di un incremento degli utili. La lunga stagione dei riacquisti miliardi di azioni proprie non sembra infatti avere i giorni contati, come dimostra la decisione di Citigroup di allargare di altri 1,75 miliardi, a 12,2 miliardi, il buyback annunciato nei mesi scorsi. Anche perché questo sarà il canale naturale dove collocare gli utili aziendali riportati all'interno dei confini Usa per beneficiare degli sgravi fiscali promessi da The Donald.

Ma oltre alle big, a festeggiare l'affermazione di Trump sono anche le società con attività esclusivamente domestiche: protette contro l'apprezzamento del dollaro, traggono vantaggio dalle voglie di protezionismo del presidente eletto. Non a caso, un indice come il Russell 2000 che raggruppa le aziende con una capitalizzazione inferiore al miliardo, è salito di circa il 10% dal giorno della vittoria del magnate Usa.

Solo rose e niente spine? Non proprio. Tra i repubblicani c'è molto scetticismo sulla possibilità che il pacchetto-infrastrutture possa davvero dare un boost all'economia. Se positive, le ricadute potrebbero arrivare solo nel medio periodo. E qualche dubbio riguarda anche l'efficacia di un calo delle imposte all'interno di un ciclo espansivo ormai superiore ai sei anni, con un possibile calo della domanda di automobili, case e macchinari anche a causa di consumatori e imprese largamente indebitati. Rispetto alla campagna elettorale, dall'agenda di Trump sono inoltre già stati cancellati argomenti forti come il muro col Messico. Non è quindi da escludere che anche la politica economica subisca correzioni più o meno sostanziali poco gradite a Wall Street.

Insomma: ora i mercati festeggiano, ma i conti andranno fatti poi.

Come sempre.

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