L'Ufficio parlamentare di Bilancio (Upb) ha calcolato che con la web tax prevista dal disegno di legge in discussione al Senato, Google potrebbe arrivare a pagare in Italia 19,4 milioni rispetto ai 2,2 milioni versati nel 2015. In modo analogo Facebook potrebbe passare da 0,2 a 6,1 milioni.
Cifre che salirebbero ulteriormente se venisse applicata l'ipotesi residuale del provvedimento di una ritenuta alla fonte del 26%: in questo caso l'imposta sarebbe pari a 133 milioni per Google e a 56,6 milioni per Facebook, ossia 188 milioni in più di quanto versato al Fisco due anni orsono. Certo, avverte l'Upb, «questi risultati devono essere letti con molta cautela, in quanto trascurano le reazioni comportamentali che potrebbero indurre a rafforzare altre pratiche elusive delle imprese». Motivo per il quale l'Authority sui conti pubblici ha auspicato una sorta di coordinamento tra i Paesi dell'Unione europea per scoraggiare gli arbitraggi fiscali perpetrati dai colossi del web che spesso imputano i fatturati nelle singole nazioni come servizi resi a controllate irlandesi soggette a una minore aliquota.
Motivo per il quale «nel triennio 2013-2015 le imposte pagate complessivamente in Europa da Google e Facebook non superano il 3% dell'ammontare complessivo riportato nei loro bilanci consolidati», ha rilevato l'Upb. Il valore della pubblicità online nel 2015 in Europa è stato di 36,4 miliardi e in Italia di 1,66 miliardi.