Zagrebelsky: «È un'oligarchia» Renzi: «Offendi gli italiani»

Referendum, duello fra il premier e il costituzionalista E Farinetti (Eataly) scarica il presidente del Consiglio

Laura Cesaretti

Roma Di ritorno da Israele, dove ha partecipato assieme ai capi di Stato e di governo ai funerali solenni di Simon Peres, Matteo Renzi affronta il confronto in tv, presieduto da Enrico Mentana, con uno dei padri nobili del No, l'ex giudice costituzionale Gustavo Zagrebelsky. «Lei ha firmato un appello in cui dice che in questa riforma ci sono dei rischi padronali. Mi dice quale articolo configura questo rischio?», esordisce il premier. «Ma no, ho parlato di concentrazione dei poteri - precisa il costituzionalista - per cui rischiamo di passare dalla democrazia all'oligarchia». Renzi incalza: «Lei ha paventato una svolta autoritaria. È gravissimo. Lei così offende gli italiani. La svolta autoritaria c'è nei paesi dove arrivano i dittatori, non dove si abolisce il Cnel e si tagliano un po' di poltrone. E i poteri del premier con la riforma non si toccano». Zagrebelsky ammette che è così: «È vero che non si toccano i poteri del premier, ma la resa delle istituzioni non dipende soltanto dai testi ma da una serie di elementi dentro i quali le istituzioni sono calate».

Poi assicura di non essere favorevole al bicameralismo perfetto, ma sostiene che in Italia non è vero che la Camera e il Senato «facciano le stesse cose», e che le «difficoltá» dipendono non dal ping pong tra le due Camere ma «dal fatto che le forze politiche sono divise». Quindi spiega che negli Stati Uniti (che a suo parere «hanno una Costituzione molto simile a quella di Bokassa») c'è il vero bicameralismo paritario. Fornendo un ottimo assist a Renzi, che si ritrova a spiegare ad un ex presidente della Consulta le differenze tra sistema parlamentare (italiano) e sistema presidenziale (statunitense).

Il match non è troppo frizzante, il professor Zagrebelsky è palesemente a disagio in uno studio televisivo, e perde spesso il filo. Quando il perfido Renzi gli legge una sua intervista del 2013 nella quale caldeggiava il ballottaggio per assegnare il premio di maggioranza, e gli chiede come ma oggi abbia cambiato idea e ne dica peste e corna rispetto all'Italicum, entra in confusione: «Non so, non mi ricordo, mi coglie impreparato». Poi spiega che lui «preferirebbe» una democrazia «in cui non comandi la maggioranza» e che «in democrazia le elezioni non si vincono», mandando in sollucchero il premier, che chiosa: «Scusi, ma il sistema in cui la maggioranza decide si chiama democrazia». E poi: «Il professor Zagrebelsky dice con lucidità che il problema delle elezioni non è quello di decidere chi vince e quindi ha il compito di governare. Esattamente come è stato negli ultimi 70 anni: da noi non vince mai nessuno».

Sull'Italicum, criticato da Zagrebelsky, Renzi ripete di «aver dato la disponibilitá a cambiarlo, e inevitabilmente sarà così, anche se mi dispiace».

Ma contesta l'affermazione di Zagrebelsky, secondo cui l'Italicum creerebbe «una maggioranza di nominati»: «Su 340 parlamentari di maggioranza, solo 100 sarebbero eletti con liste bloccate, 240 con le preferenze. Basta una calcolatrice per capirlo». Infine un altro supporter della prima ora, Oscar Farinetti, patron di Eataly, molla il premier: «Se perde è ovvio che se ne va»

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