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Lo Zar Putin non si fermerà. L'Occidente non può cedere al ricatto di un dittatore

La storia non fa sconti. Come nella vita di un individuo, ogni azione ha conseguenze - benigne o maligne - che possono trascinarsi per decenni, nel caso della storia secoli.

Lo Zar Putin non si fermerà. L'Occidente non può cedere al ricatto di un dittatore

La storia non fa sconti. Come nella vita di un individuo, ogni azione ha conseguenze - benigne o maligne - che possono trascinarsi per decenni, nel caso della storia secoli. Basta un esempio antico: l'evangelizzazione bizantina di oltre un millennio fa, fece dell'attuale Ucraina una terra di cristiani-ortodossi, condizione che avrebbe favorito il suo entrare nell'orbita di quella che oggi chiamiamo Russia, invece di quella che oggi chiamiamo Europa occidentale. Con la guerra in corso, l'esempio più calzante e spesso richiamato è l'accordo di Monaco del 1938: sgomenti e timorosi per l'aggressività di Adolf Hitler, i governanti democratici occidentali scelsero di cedere su tutta la linea alle pretese del dittatore nazista. Speravano che avrebbe finito per accontentarsi, rinunciando a altre pretese. Sappiamo bene che non fu così, e sul mondo piombò lo sfacelo della Seconda guerra mondiale. In ogni tempo i dittatori Vladimir Putin lo è, con le accortezze di moderne alchimie pseudodemocratiche hanno la caratteristica di perdere il contatto con la realtà, in genere nel momento del loro maggiore successo. A quel punto vogliono realizzare, nell'arco di una breve vita (Putin quest'anno ne compirà 70), progetti smisurati che li consegnino definitivamente alla storia dei loro popoli. Una volta che Putin avrà ottenuto ciò che vuole con l'Ucraina, com'è accaduto con la Cecenia, aumenterà e accelererà la sua volontà di ricostituire una Grande Russia, già ce ne sono i segnali. È per questo motivo che la reazione del mondo occidentale Europa e Stati Uniti all'aggressione dell'Ucraina appare debole, insufficiente. Certo non si deve ricorrere a un intervento armato, che avrebbe molte probabilità di sfociare nella Terza guerra mondiale. Ma non si può neanche limitarsi a sanzioni deboli e insufficienti a fermare l'aggressore, o almeno a scoraggiarlo da altre iniziative. È stata ventilata l'idea di ammettere immediatamente senza pastoie burocratiche l'Ucraina nell'Unione Europea, anche se non nella Nato, e questa sarebbe una risposta forte, fortissima. Invece non si è ancora fatto ricorso, nemmeno, all'esclusione della Russia dal sistema Swift, che impedirebbe a quello Stato tutte le transazioni finanziarie internazionali. Perché? Perché ne riceverebbero un danno grave anche i Paesi occidentali. A fermarci basta il timore per cui mettere troppo decisamente i bastoni fra i cingoli dei carri armati russi, porterebbe a uno smisurato aumento dei costi del gas, o addirittura a una mancanza dei rifornimenti. Sarebbe un disastro per noi, certo, ma la storia e l'esperienza insegnano che quando di cede a un ricatto, il ricattatore non si accontenta, ne propone uno ancora più pesante, e poi un altro pesantissimo, in una spirale senza fine. L'Ucraina oggi siamo noi, e non è una frase retorica buttata lì a effetto. Nel mondo globalizzato e interconnesso le distanze rappresentano ostacoli ridicoli, mille chilometri non sono neanche una barriera, e altri problemi si presenteranno, se non reagiamo. Per dirne soltanto uno, presto si affolleranno alle nostre frontiere decine di migliaia di profughi ucraini, che potrebbero diventare centinaia di migliaia se si consentisse alla Russia di fare di quel grande Paese uno Stato vassallo.

Come rifugiati politici ci sarebbe difficilissimo respingerli. Se non si vuole tenere conto di ragioni ideali, problemi come questo e le future, inevitabili, aggressioni - ci costeranno molto di più dell'aumento del prezzo dell'energia.

@GBGuerri

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