Zelensky pensa al passo indietro. Lasciare ai russi Donbass e Crimea

Possibile svolta al tavolo delle trattative: Kiev potrebbe rinunciare anche alla regione dell'Est oltre alla penisola, in cambio della protezione Usa dopo la fine del conflitto

Zelensky pensa al passo indietro. Lasciare ai russi Donbass e Crimea
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Il vertice Putin-Trump che potrebbe tenersi entro il prossimo fine settimana, viene accolto come punto di svolta del conflitto ucraino. Mai come in questo momento Zelensky, seppur a obtorto collo, sembra disposto a trattare di oblast e regioni con la controparte. Se fino a qualche settimana fa l'integralismo territoriale era una questione di vita o di morte (dei soldati) per il leader di Kiev, l'ipotetico ombrello offertogli da Trump diventa lo strumento per abbassare l'asticella di fronte alle pretese del nemico, partendo da un possibile referendum nazionale per eventuali concessioni sulle regioni rivendicate da Mosca. Secondo fonti citate da Bloomberg, Putin sta chiedendo all'Ucraina di cedere alla Russia l'intera area orientale del Donbass, oltre alla Crimea, che le sue forze hanno annesso nel 2014. Zelensky a quel punto dovrebbe ordinare il ritiro delle truppe dalle parti delle regioni di Luhansk e Donetsk ancora controllate da Kiev, e in particolare le città di Sloviansk, Kramatorsk, Pokrovsk e Kostiantynivka. In cambio la Russia interromperebbe la sua offensiva negli oblast di Kherson e Zaporizhzhia lungo le attuali linea del fronte, ordinando ai soldati di Gerasimov di lasciare anche il Sumy e di interrompere l'avanzata nel Dnipropetrovsk.

Lo scenario è verosimile, non certo in tempi brevi. Al momento non ci sono ancora le condizioni per un vero stop alla guerra, ma si potrà arrivare, anche in tempi relativamente brevi, a un congelamento, che però non vorrebbe dire la soluzione, quanto piuttosto l'interruzione in attesa che le condizioni possano cambiare con il contributo delle diplomazie. Va anche sottolineato che la Russia sente di essere in posizione di forza sul teatro di battaglia. Le regioni che oggi controlla in modo maggioritario, ma non totale, sono diventate una necessità per Mosca. Putin sa bene che gli obiettivi dichiarati devono essere raggiunti, pena una destabilizzazione e una crisi del suo regime. Lo Zar è nella posizione di non poter più arretrare e al tempo stesso non ha gli strumenti economici per rilanciare. A questo va aggiunto che gli ucraini sono stanchi di contare i morti. Secondo la società di sondaggi americana Gallup, la percentuale che desidera una rapida fine del conflitto attraverso colloqui di pace ha raggiunto il 69%, il triplo rispetto al 2022. I media di Kiev fanno sapere che le decisioni che prenderanno Putin e Trump "non piaceranno all'Ucraina". Semmai potrebbero non piacere a Zelensky, che da un paio di mesi sente la pressione di Zaluzhny e di un possibile ribaltone.

L'ottimismo circa una sospensione del conflitto pervade l'animo del premier polacco Tusk. Ne ha parlato ieri al telefono con Zelensky, riferendo poi ai cronisti che "ci sono alcuni segnali, e abbiamo anche l'intuizione, che forse un congelamento della guerra, non voglio dire la fine, sia più vicina che lontana. Ci sono speranze in questo senso". Tusk ha affermato che il presidente ucraino è "molto cauto ma ottimista" e che l'Ucraina è desiderosa che "la Polonia e altri paesi europei svolgano un ruolo nella pianificazione di un cessate il fuoco e di un eventuale accordo di pace".

Zelensky in serata ha affermato che "ci sono state molte telefonate in questi giorni, molti contatti a vari livelli. Tutti sono uniti dal fatto che la guerra deve finire e che l'Europa deve sviluppare una posizione comune su ogni aspetto importante della sicurezza".

Al netto delle aperture dei canali diplomatici, la guerra per ora non

si ferma. L'intelligence ucraina ha colpito una base dell'aeronautica russa ad Afipsky (Krasnodar), provocando la morte di 12 militari. Le forze russe hanno attaccato diverse regioni ucraine, causando 5 morti e 23 feriti.

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