
Se il vertice di Istanbul si è concluso con poco più di un nulla di fatto, il day after è quasi peggio. Mentre la Russia compie l'ennesima strage di civili e l'amministrazione Usa cerca di trovare una soluzione diplomatica al conflitto, tra Mosca e Kiev continuano schermaglie dialettiche che confermano l'attuale situazione, senza svolte nel breve-medio periodo. Tra accuse, minacce e bluff il dialogo tra le parti rimane decisamente in salita, con l'unica apertura relativa allo scambio di prigionieri, mille per parte, che dovrebbe concretizzarsi entro la fine della prossima settimana.
Con il cessate il fuoco, figurarsi la pace, che sembrano solo un miraggio, sul tavolo restano recriminazioni e proposte più o meno praticabili. «Si è presentata l'occasione per cessare il fuoco. L'Ucraina propone da tempo questa soluzione per salvare vite umane. Alla Russia resta solo la possibilità di continuare a uccidere» è l'amara considerazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che accusa e si appella l'Occidente per colpire la Russia con sanzioni ancora più pesanti. «La diplomazia deve funzionare», l'auspicio di Zelensky. Riguardo la proposta di Kiev di un incontro diretto tra il presidente ucraino e Putin, Mosca prima apre poi mette i consueti paletti. «Un vertice tra i due leader potrà avvenire soltanto in presenza di risultati tangibili da parte delle rispettive delegazioni. Per ora, non ci sono le condizioni», ha detto il portavoce del Cremlino Peskov, che prosegue nella linea utile a prendere tempo e rinviare ogni reale negoziazione. «La Russia presenterà all'Ucraina un elenco di precondizioni per il cessate il fuoco».
I soliti propagandisti di Mosca che affollano le tv russe e saltuariamente cercano ospitabilità anche a casa nostra, continuano nei loro attacchi che svelano in parte l'aria che tira dalle parti del Cremlino. «Se i filonazisti non cedono tutte le quattro regioni che ci siamo annessi, al prossimo giro di negoziati diventeranno sei». Parole di minaccia che arrivano il giorno dopo quelle sussurrate dalla delegazione russa a Istanbul. Oltre a ribadire che il riconoscimento come russe delle regioni parzialmente occupate oltre alla Crimea illegalmente annessa è la base, è stata anche paventata l'ipotesi di una «guerra eterna», cui la Russia sarebbe disposta ad andare incontro se non sarà accontentata. Tutto fa brodo nella narrazione di una nazione la cui economia è ormai orientata in economia di guerra e che, secondo le previsioni, avrebbe dovuto annettere l'intera Ucraina in pochi giorni, salvo continuare un conflitto che dopo quasi quattro anni, sul campo, resta poco più che cristallizzato.
Le speranze di arrivare alla fine del conflitto passano per la mediazione americana, con Trump attivissimo, dato per molto arrabbiato, e pronto a sentire entrambi i leader ma non solo. Il presidente turco Erdogan, che vuole un posto al sole nello scacchiere internazionale, dice che il vertice di giovedì è stato «estremamente importante per porre fine alla guerra e per instaurare la pace nella regione», ribadendo la disponibilità della Turchia a continuare la mediazione «per il raggiungimento di una pace giusta e duratura».
Mentre Zelensky oggi sarà alla messa di insediamento di papa Leone XIV e si è detto disponibile «a incontrare ogni altro leader mondiale presente per tenere colloqui», proprio mentre la Santa Sede si sta muovendo attivamente per offrirsi come terreno neutro per una mediazione. Dopo «il miracolo» del faccia a faccia Zelensky-Trump in occasione dei funerali di Papa Francesco, un barlume di speranza torna ad affacciarsi su San Pietro.
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